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Il silenzio e il sigillo: è iniziata la clausura del Conclave

I cardinali in Piazza San Pietro

foto: Riccardo Piccioli

Muti, sorridenti, ispirati. I cardinali entrano nel tempo sospeso del Conclave. La Cappella Sistina è blindata. L’aria è densa di sacro e di segreti. Non ci sono telefoni, né contatti. Solo la storia, la fede e l’attesa di un nome: quello del prossimo Papa.

Non c’è suspense cinematografica che regga il confronto. Quando i porporati varcano la soglia della Cappella Sistina, si entra in un’altra dimensione. È cominciata ufficialmente la clausura del Conclave, il rito antico e incorruttibile che porterà all’elezione del 267esimo Pontefice della Chiesa cattolica. Una parola, “Conclave”, che ancora oggi conserva intatto il suo significato originario: cum clave, chiusi a chiave. Un confine netto, invalicabile, tra il dentro e il fuori. Tra il mondo e l’invisibile.

Il silenzio, ora, è legge. Nessuna comunicazione col mondo esterno è ammessa. Nessuna finestra aperta, nessuna telefonata, nessun messaggio, nemmeno uno sguardo rubato oltre i confini di Santa Marta. Ogni tentativo di dialogo, ogni minima fuga di notizie, ogni segnale, verrebbe considerato una violazione gravissima. Il voto dev’essere segreto, ma soprattutto libero. E per garantirlo, il Vaticano ha messo in campo una struttura di sicurezza tecnologica tra le più sofisticate al mondo.

Non solo suggestione, ma concreta preoccupazione: il rischio che falle nel sistema possano compromettere la segretezza del processo è alto. Per questo, già da giorni, la Cappella Sistina e la Domus Sanctae Marthae sono state passate al setaccio con scanner anti-bug, dispositivi capaci di rilevare anche la più piccola microspia. Niente smartphone, niente tablet, niente orologi connessi. Tutto deve restare al di fuori. In campo anche i cosiddetti jammer, apparati capaci di disturbare le frequenze elettromagnetiche e rendere inutilizzabili eventuali trasmissioni clandestine. Tecnologia da esercito, già usata in Afghanistan, oggi al servizio della Chiesa per difendere l’inviolabilità del voto.

Le finestre sono state oscurate con pellicole speciali, le porte chiuse con 86 sigilli in piombo, gli ambienti isolati con la cosiddetta “gabbia di Faraday”, capace di bloccare ogni onda elettromagnetica. Dalle 15 di domani, tutti gli impianti di trasmissione radiomobile presenti nel territorio vaticano saranno ufficialmente disattivati, come dichiarato dall’Ufficio di Presidenza del Governatorato. Il segnale tornerà solo quando il nuovo Papa sarà stato eletto. E annunciato al mondo con quel “Habemus Papam” che resta una delle frasi più potenti e solenni della modernità.

Ma non si tratta solo di un sistema di sicurezza. È, innanzitutto, una scelta spirituale. Lontani da ogni possibile pressione esterna, anche quella digitale, i cardinali sono chiamati ad ascoltare soltanto la voce della coscienza. E, se vogliamo crederci, dello Spirito Santo. Sono giorni in cui la solitudine diventa riflessione, e il silenzio si fa preghiera. Perché il Conclave non è una campagna elettorale. È un atto di ascolto, un gesto di fede.

La Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis lo dice chiaramente: è vietato ogni tentativo di influenza, ogni contatto con l’esterno, ogni forma di campagna. Pena la scomunica latae sententiae, automatica, senza processo. Una regola dura ma necessaria. Perché non si può scegliere il successore di Pietro con l’eco del mondo nelle orecchie.

I porporati, trasportati ogni giorno da Santa Marta alla Sistina su bus isolati, percorreranno il tragitto in silenzio, sotto controllo, protetti ma non impenetrabili. Il ricordo corre al 2013, quando, poco dopo l’elezione di Jorge Mario Bergoglio, si scoprì che alcuni sigilli erano stati rimossi con largo anticipo. Un giallo, subito chiarito: fu una disposizione del Sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Angelo Becciu, a far riaprire le stanze dopo l’elezione. Nessun complotto. Solo il peso della macchina organizzativa.

Oggi tutto è ancora più vigilato. Ma resta un elemento imprevedibile: il tempo dello Spirito. Quando, come e su chi scenderà, nessuno lo sa. Tocca ai cardinali ascoltarne i segni. Tocca a loro trasformare il silenzio in decisione.

Intanto, nel cuore di Roma, si stringe il cerchio. Mentre il mondo attende e osserva, nel più assoluto isolamento, i prelati stanno per iniziare il primo scrutinio. Sotto gli affreschi del Giudizio Universale, dove si incrociano occhi eterni e mani tremanti, ogni votazione sarà un passo verso un nome. Un nome solo. Il nome che guiderà la Chiesa nel tempo incerto della nostra epoca.

E laddove non devono arrivare le spie, si spera arrivi – come sempre – lo Spirito.