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Conclave, come si elegge un Papa: regole, quorum e l’emendamento Ratzinger che ha blindato il ballottaggio

Vescovi e Cardinali ai funerali di Papa Francesco

foto: Riccardo Piccioli

Quando un Papa muore o rinuncia, come accaduto con Benedetto XVI nel 2013, la Chiesa cattolica entra in una fase antichissima e solenne: il conclave. Dietro le porte chiuse della Cappella Sistina, il Collegio dei cardinali si riunisce per scegliere il successore di Pietro. Eppure, dietro la mistica del fumo bianco e della fumata nera, si cela una macchina elettorale regolata da norme complesse, spesso oggetto di riforme e controversie. L’ultima revisione significativa resta quella voluta proprio da Benedetto XVI nel 2007, con l’intento di rafforzare il principio di larga condivisione e di evitare spaccature.

Negli ultimi tempi, prima ancora che si aggravassero le condizioni di salute di Papa Francesco, alcuni ambienti ultraconservatori avevano agitato il timore di un suo intervento normativo proprio in materia di conclave. Si temeva un tentativo di riforma che avrebbe potuto alterare la composizione del corpo elettorale, aprendo – secondo le accuse più allarmistiche – alla possibilità di includere laici, o addirittura donne. Uno scenario paventato nei circuiti più rigidi dell’opinione ecclesiale, ma mai realmente contemplato dal pontefice argentino. Lo stesso Francesco, in una conversazione raccolta nel libro-intervista con i giornalisti Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin, aveva escluso qualunque apertura in tal senso. “L’importante è che gli elettori siano vescovi, non cardinali”, aveva chiarito. Dal punto di vista dottrinale, aveva aggiunto, nulla impedirebbe a un vescovo non cardinale di partecipare al conclave, ma sull’ipotesi di un’eventuale apertura alle donne era stato netto: “Se una donna non può accedere al sacerdozio, meno che meno potrà accedere all’episcopato”.

Di fatto, il sistema è rimasto quello consolidato negli ultimi decenni, con regole definite da Giovanni Paolo II nella Costituzione Universi Dominici Gregis del 1996 e modificate in un punto chiave da Benedetto XVI. Il cuore della procedura resta il quorum qualificato: per eleggere un Papa servono i due terzi dei voti dei cardinali presenti e votanti. In caso il numero degli elettori non sia divisibile esattamente per tre, viene richiesto un voto in più per raggiungere la soglia. Prendendo ad esempio l’attuale numero di cardinali elettori, che è di 133, servirebbero almeno 89 voti per una fumata bianca.

Il primo scrutinio si tiene generalmente la sera stessa dell’extra omnes, l’annuncio rituale che segna l’inizio del conclave. Se non si raggiunge il quorum, si procede con quattro votazioni al giorno: due al mattino e due al pomeriggio. Dopo tre giorni senza esito, è prevista una pausa di preghiera e riflessione di ventiquattr’ore, durante la quale i cardinali possono parlare liberamente tra loro, ascoltare un’esortazione spirituale e riconsiderare le proprie scelte. In tempi recenti, una tale interruzione non si è mai resa necessaria: il conclave più lungo del dopoguerra, quello che nel 1958 elesse Giovanni XXIII, si concluse all’undicesimo scrutinio.

Qualora nemmeno dopo le prime tredici votazioni si raggiunga un accordo, si apre una seconda fase in cui si alternano cicli di sette votazioni e pause di riflessione, fino a un massimo di 34 scrutini. A quel punto, la normativa prevede il passaggio a una fase di ballottaggio tra i due candidati che avranno ricevuto più consensi nell’ultimo scrutinio. Ed è proprio su questa fase che si è esercitato il più importante emendamento introdotto da Benedetto XVI.

Giovanni Paolo II aveva stabilito che, in caso di ballottaggio, sarebbe bastata la maggioranza assoluta per eleggere il nuovo Papa. Una scelta che rompeva con la tradizione secolare del quorum qualificato e che apriva la possibilità a una elezione anche in presenza di una netta spaccatura tra le correnti del Collegio. Un’eventualità che preoccupava non poco chi temeva che un Papa potesse essere eletto senza il consenso largo della Curia. Ratzinger, sensibile alla delicatezza del momento e al pericolo di una polarizzazione interna, decise allora di tornare al principio dei due terzi anche per la fase finale, rendendo più difficile ogni eventuale manovra di minoranza. Non solo: per rafforzare la trasparenza del processo, stabilì che i due candidati finalisti non potessero votare, eliminando anche il minimo sospetto di autoelezione o di scambio diretto tra i contendenti.

Alla luce di questi accorgimenti, il prossimo conclave – quando sarà – si celebrerà secondo regole che puntano alla massima condivisione possibile. Nessun cambiamento è stato introdotto da Francesco, né sulla soglia dei voti, né sulla composizione del corpo elettorale. Il collegio resta quindi interamente composto da cardinali elettori, tutti maschi e tutti ordinati vescovi, anche se in alcuni casi il Papa ha conferito la porpora senza elevare all’episcopato i prescelti, un’eccezione che però non si estende all’idoneità per entrare in conclave.