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Si è persa la civiltà. Il derby di Roma travalica i confini di sport e di etica.

AS Roma fans show a banner during the Serie A football match between AS Roma and SS Lazio at Olimpico stadium in Rome (Italy), January 5, 2025.

foto: Andrea Staccioli/INSIDEFOTO

Il primo derby vestito da sera, dopo sei anni di competizioni diurne, purtroppo fa registrare il fallimento della civiltà sportiva nella capitale. Cade forse per sempre la connotazione politica tra le due fazioni che annulla forse definitivamente i binomi “roma di sinistra” e “lazio di destra”.

Ma qui non si parla di politica quanto di estrema ignoranza. Si parla per slogan e di certò ‘laziale ebreo’ è un vero insulto alla civiltà non ad un avversario sportivo. Un insulto alla democrazia specie in questo caso in cui le svastiche ricompaiono su un lenzuolo bianco appeso ad un ponte sulla tangenziale, la strada percorsa per raggiungere lo stadio. Bombe carta e petardi lanciati all’arrivo dei tifosi sono nulla visto che veniamo da un capodanno che ha registrato il maggior numero di feriti  da dieci anni a questa parte.

Episodi di certo non nuovi che richiamano alla memoria altre manifestazioni di antisemitismo legate al mondo del tifo romano, come gli adesivi di Anna Frank con la maglietta della Roma nel 2017 o lo striscione esposto nella curva Nord durante il derby di ritorno del 2001, con la frase: “Auschwitz la vostra patria, i forni le vostre case”. Episodi che, nonostante gli anni trascorsi, continuano a riemergere come ferite aperte e che purtroppo oggi si rinnovano

Auto incendiate, mazze, lance e coltelli trovate dalle forze dell’ordine sono invece segnali allarmanti ad un’ora dal fischio di inizio della stracittadina. Di certo armi messe da parte perché possono sempre servire contro le tifoserie o, come spesso accade, uniti contro le forze dell’ordine, una piccola santa barbara artigianale a disposizione di coloro che non sono tifosi, ma solo destabilizzatori di un ordime pubblico, un modo per imporsi in chissa quali affari. Nulla può giustificare un atteggiamento del genere. Scene che confermano quanto il derby capitolino, per quanto spettacolare sul piano sportivo, sia ancora oggi uno degli eventi più problematici dal punto di vista dell’ordine pubblico.

Ed ancora, un giovane tifoso, non diciamo il colore della maglia perché ancora una volta ripetiamo che questo non è tifo, è stato fermato mentre cercava di entrare allo stadio con un cacciavite nascosto negli abiti. Il ragazzo, che avrebbe dovuto partecipare all’organizzazione delle coreografie, è stato immediatamente sottoposto a Daspo.

Il dispositivo di sicurezza predisposto per l’occasione è stato massiccio: 1.200 agenti delle forze dell’ordine sono stati schierati fin dalle prime luci dell’alba, con controlli capillari nei pub, nelle aree di ritrovo delle tifoserie organizzate e lungo i principali punti di accesso allo stadio. Il Lungotevere, nei pressi del Foro Italico, è stato praticamente blindato, con pattuglie, blindati e unità anti-sommossa dislocate strategicamente.

Nonostante gli sforzi delle forze dell’ordine, la giornata del derby ha mostrato ancora una volta il lato più oscuro del tifo organizzato. Episodi di violenza, intolleranza e antisemitismo continuano a essere una costante in quella che dovrebbe essere una festa dello sport. La partita sul campo, infatti, passa quasi in secondo piano rispetto a quanto accaduto fuori dagli spalti.

No, questo non è sport. E non è neanche nulla legato allo sport. Questo non è tifo. Il tifo lo vogliamo vero, sincero ed autentico, come quello che proponiamo nella foto di questo articolo che scaccia via ogni richiamo razzista ed antisemita.