Quante volte abbiamo associato la parola “Pronto Soccorso” alla parola “lunga attesa”, quasi come un sinonimo per indicare il tempo passato su una barella in attesa di una valutazione medica, sperando che non ci siano urgenze che facciano slittare il momento dell’arrivo del medico? Quante volte abbiamo sentito parlare, nella sanità ospedaliera di ogni città italiana, di pazienti sulle barelle prima di essere destinati in reparti ospedalieri con posti letto disponibili?
Il decreto ministeriale 77 del 2022, dopo varie riforme che si sono susseguite negli anni, ha provato a promuovere un nuovo modello organizzativo introducendo strutture sanitarie che, dalla teoria legislativa, offrono servizi reali tra i quali Ospedali di Comunità, Case di Comunità, Centrali Operative Territoriali.
Diamo subito una definizione: l’Ospedale di Comunità è una struttura sanitaria con un numero limitato di posti letto a bassa e media intensità, in cui non si ricoverano pazienti con patologie gravi.
Siamo stati casualmente, in qualità di familiari di un paziente, all’interno del primo Ospedale di Comunità sorto a Roma. Iniziamo col dire una cosa: nella prima fase sperimentale partita il 3 giugno di quest’anno, come si legge dal comunicato stampa della ASL Roma 2, la sede all’interno del Presidio Ospedaliero Sandro Pertini è una sede temporanea dotata di 16 posti letto. La sua collocazione finale sarà sul territorio di uno dei municipi di Roma.
Il grande pregio di questa struttura, per tornare alle domande iniziali a cui non abbiamo ancora dato una risposta, è quello di far defluire dal pronto soccorso i pazienti che necessitano della somministrazione di terapie senza la necessità di un ricovero in una degenza medica più strutturata e, senza dubbio, più affollata.
Parlando con gli infermieri del reparto, anche coloro che hanno quasi terminato il percorso nel reparto medico trovano nell’Ospedale di Comunità un luogo più tranquillo dove poter ultimare le terapie prima delle dimissioni verso il proprio domicilio, lasciando quindi i posti letto, presenti nel reparto di medicina, a disposizione per i casi più gravi.
A quanto abbiamo constatato, l’Ospedale di Comunità ha una prevalenza di pazienti di età avanzata, e la presa in carico del paziente contempla, per quanto ci siamo documentati, anche contatti con strutture a lunga degenza come RSA ed Hospice, fornendo così un servizio sanitario più completo, snello e funzionale.
Nei corridoi, non essendoci condizioni gravi presenti, l’ambiente sembra essere tranquillo e questo influisce anche sul personale sanitario addetto all’assistenza che, a partire dalla caposala, passando per tutti gli infermieri, dimostra una particolare empatia nei confronti dei pazienti e dei visitatori che entrano negli orari prestabiliti.
Pensandoci bene, non possiamo che rilevare che una struttura come l’Ospedale di Comunità troverebbe una naturale collocazione proprio all’interno del presidio ospedaliero stesso come il Sandro Pertini, facilitando gli spostamenti Pronto Soccorso – Ospedale di Comunità e Reparto di Medicina – Ospedale di Comunità a pochissimi metri di distanza. Ma è anche vero che i locali occupati dai 16 posti letto debbano essere utilizzati per potenziare i reparti più affollati e carenti di posti letto, per cui, non essendoci cronicità gravi da gestire in questa nuova struttura, è ben accetto che questa venga trasferita sul territorio, al completamento e ammodernamento delle strutture oggi interessate dai lavori di ristrutturazione come previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, coprendo in questo modo anche una parte di territorio decentralizzato con benefici di vicinanza e traffico anche per coloro che non sono residenti nelle immediate vicinanze del Presidio Ospedaliero Sandro Pertini.
Possiamo quindi affermare senza ombra di dubbio che, dopo l’applicazione della riforma sanitaria del 1978 che ha decretato la fine degli enti mutualistici e che ha portato una sanità pubblica per tutti, le modifiche previste dal decreto del Ministero della Salute 77 possano riportare la sanità pubblica in una nuova fase positiva di valutazione da parte dei cittadini. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, molti sono stati i motivi che hanno fatto abbassare la fiducia e la considerazione dei cittadini nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale a vantaggio del settore privato.
Ma, in attesa della realizzazione delle nuove Case di Comunità, si può certamente affermare che le necessità dei malati vengono riconsiderate in modo tangibile con questa nuova organizzazione sanitaria e che il rilancio pubblico possa proprio considerare l’Ospedale di Comunità il proprio punto di ripartenza. Se implementato correttamente, questo modello può restituire al servizio sanitario nazionale quel ruolo di eccellenza e di servizio universale che dovrebbe essere il suo obiettivo primario.