Nel suo primo discorso ufficiale ai comunicatori, Papa Leone XIV ha offerto una visione profonda, lucida e ispirata del ruolo dell’informazione nell’epoca contemporanea, tracciando una rotta etica e spirituale che interpella direttamente giornalisti, comunicatori e operatori dei media. In un momento di passaggio storico per la Chiesa e per il mondo, il Pontefice ha colto l’occasione per esprimere gratitudine e lanciare, con tono fermo ma paterno, un appello a una comunicazione più giusta, responsabile e umana.
Fin dalle prime parole, Leone XIV ha posto al centro del suo messaggio la necessità di una comunicazione che rifiuti l’aggressività, il sensazionalismo e la competizione fine a sé stessa. Ispirandosi alle Beatitudini e citando il Vangelo di Matteo, ha chiesto agli operatori dell’informazione di farsi “operatori di pace”, abbandonando la retorica divisiva per promuovere un linguaggio che unisca e non separi, che cerchi la verità con umiltà e amore.
Uno dei passaggi più forti e simbolici è stato l’appello esplicito per la liberazione dei giornalisti detenuti per aver raccontato la verità. Il Papa ha sottolineato come la Chiesa riconosca in questi testimoni “il coraggio di chi difende la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati”, ricordando che solo un popolo informato può essere un popolo libero. È un messaggio che non si limita alla denuncia, ma interroga direttamente le istituzioni internazionali e le coscienze collettive.
Con tono riconoscente, Leone XIV ha lodato il lavoro dei giornalisti che, nelle settimane recenti, hanno seguito il percorso della Chiesa attraverso i riti della Settimana Santa, il lutto per la morte di Papa Francesco e il Conclave. Ha riconosciuto la loro capacità di andare oltre gli stereotipi, di cogliere l’essenza della vita ecclesiale e di raccontarla con rispetto e profondità.
Non basta trasmettere informazioni: per Leone XIV la comunicazione deve essere creazione di cultura, di spazi di dialogo autentico, sia nei contesti fisici che nei mondi digitali. In un tempo segnato dalla confusione e dalla “torre di Babele” dei linguaggi contrapposti e spesso ideologici, il Papa ha chiesto una comunicazione capace di costruire ponti, e non muri.
Particolare attenzione è stata riservata all’uso dell’intelligenza artificiale. Il Pontefice non ha demonizzato la tecnologia, ma ha ribadito che essa va orientata con discernimento, responsabilità e finalità etiche. L’IA deve essere al servizio dell’umanità, non il contrario: per questo, tutti – giovani e adulti, professionisti e semplici utenti – sono chiamati a vigilare.
In chiusura, Leone XIV ha ripreso le parole del suo predecessore Francesco per lanciare un messaggio potente: “Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra”. Una comunicazione che rinuncia a pregiudizi, odio e fanatismo è in grado non solo di raccontare il mondo in modo diverso, ma anche di cambiarlo. Una comunicazione disarmata è una comunicazione disarmante, che restituisce dignità all’umano e accende speranza.
In un tempo che chiede profondità e coraggio, Leone XIV ha chiesto ai media non solo di informare, ma di testimoniare. Raccontare il bene, dare voce agli ultimi, custodire il senso, sfidare l’indifferenza. Una missione che non è solo professionale, ma profondamente umana. In questa prospettiva, il giornalista diventa parte attiva di un processo di riconciliazione, custode della parola e costruttore di futuro.