Favino: “Mi dissero, chiamaci handicappati.” Il film esce nelle sale il 17 marzo vuole guardare la disabilità con occhi diversi e schiva il pietismo.
La locandina del film
Lo sguardo è su di noi, abili. Le persone con disabilità sanno cosa sono e sanno ciò che sentono. Il nostro modo di guardarli li fa sentire diversi. Non lo vogliono. I sordi, per esempio, non amano essere chiamati non udenti: “Preferiamo che ci chiamino sordi – dicono – perché è quello che siamo e rappresenta la nostra identità”.
Gli sportivi paralimpici vogliono essere trattati ed apprezzati senza alcun pietismo. “Ci mancano dei pezzi, delle abilità, ma sappiamo chi siamo: uomini, donne, persone”.
Miriam Leone
In verità, il problema dell’interazione è tutto nostro, di noi che ce li troviamo davanti. “Mi sono sentita nuovamente guardata come una donna” – dice Chiara (Miriam Leone) alla sorella (Pilar Fogliati) nel camerino di un negozio mentre prova un sexy top di seta. Chiara è una violinista, sulla sedia a rotelle ed è al centro della storia di “Corro da te” di Riccardo Milani (Come un gatto in tangenziale, Il posto dell’anima, Ma cosa ci dice il cervello?)
L’altro, il normodotato è Gianni, interpretato da Pierfrancesco Favino, che si è calato senza riserve nel personaggio guascone e molto cinico di un imprenditore di successo: “C’è un Gianni in ognuno di noi”– scherza sul suo personaggio.
“Ho imparato che la disabilità è uno specchio, per questioni personali ho avuto la fortuna di frequentarli e mi sono accorto che ero io il disabile vero”.
Pierfrancesco Favino
Gianni è a capo di un’ azienda che crea e promuove scarpe da running, egli stesso è un runner, per sport e pure per diletto, nel senso che non ne lascia passare una, abborda ogni jogger mentre si allena e tutte finiscono nel suo letto. Fino a quando, per lo sviluppo stesso della trama ispirata al film francese “Tout le Monde Debout” di Franck Duboscnni, uscito in Italia come “Tutti in piedi”, si ritrova a frequentare Chiara, un incidente le ha tolto l’uso delle gambe. Per un gioco di equivoci e per il sapore di una nuova scommessa, Chiara può essere un’altra bandierina da mostrare agli amici del circolo sul lungotevere e Gianni, tra il disappunto di tutti, continua la sua recita da finto disabile.
Ci prova chiaramente e lei si sente nuovamente apprezzata come donna. La scommessa, l’obiettivo, l’indole da bugiardo seriale di Gianni sono l’espediente per andare oltre, per cancellare dalla stessa sua mente il fatto che Chiara non abbia l’uso delle gambe. Gianni corre, Chiara gioca a tennis in carrozzina: “Difficilissimo, ho dovuto prendere molte lezioni per imparare – racconta Miriam Leone – ma anche per calarmi in questo personaggio, cercare di fare mio il disagio mi ha aperto un mondo, eppure è il mio mestiere”. Giulia Capocci, l’italiana in finale di doppio a Wimbledon nel torneo di wheelchair è stata la sua coach.
Miriam Leone, Riccardo Milani e Pierfrancesco Favino
Sentire come sente chi ha un danno e capire che c’è la possibilità di trasformarlo in dono, è, sì, complicato. In “Corro da te” tenuto in serbo per quasi due anni e in uscita nelle sale il 17 marzo, la grande Piera degli Esposti, è in scena con il suo “handicap” i tubicini di ossigeno da cui non ha potuto separarsi fino all’ultimo, l’attrice è scomparsa lo scorso agosto ad 83 anni, il film di Riccardo Milani è stata la sua ultima interpretazione.
“Ero con lei un giorno e mi chiese ‘ormai una come me conciata così, costantemente attaccata all’ossigeno non potrà più avere alcuna parte’ – racconta il regista – risposi di getto, “perché no Piera, tu sei un’attrice bravissima e lo sei anche adesso. Chiamai gli sceneggiatori e chiesi loro di inserire il personaggio della nonna di Chiara, nell’originale francese non c’è, secca e cinica come Piera lo era”.
Il film è gustoso e fa riflettere, accende i riflettori sull’inclusione, ancora faticosa, su chi può e chi non può e si esprime su chi è il vero handicappato. Una commedia brillante e romantica, una performance ben sistemata, dove spiccano personaggi cuciti addosso agli attori. “Per uno sceneggiatore sapere chi è l attore per cui stai scrivendo è un vantaggio e noi lo sapevamo – confessa la sceneggiatrice Giulia Calenda – come sapevamo che appena si fosse presentato il rischio di cadere nel pietismo avremmo dovuto virare su una battuta, anche cattiva”.
E’ la regola di Riccardo Milani: “Nei miei film esaspero spesso la parte più cinica e terribile di noi italiani, i lati peggiori pur aprendo ad una sacca di positività, ma in questo
Foto di scena (Iannone)
caso è come se ne avessi avuto la licenza. Abbiamo trascorso molto tempo con i ragazzi disabili, sul set facevano molta ironia su loro stessi, questo ha fatto in modo che diventassimo anche noi molto naturali, che perdessimo ogni tipo di freno”, racconta.
Ed è vero. Mettendo da parte il film, Monica Contrafatto che in Afghanistan da caporale maggiore dei bersaglieri è saltata in aria perdendo una gamba, oggi è campionessa paralimpica nei 100 mt T63, ha vinto il bronzo all’Olimpiade di Rio 2016 e a Tokyo 2020 salendo sul podio insieme ad altre due azzurre, Ambra Sabatini (oro) e Martina Caironi (argento).
La campionessa scherza di continuo sulla sua situazione, con immagini e battute postate sui suoi profili. Bebe Vio della sua ironia ne ha fatto una bandiera. Per non parlare dell’immenso Zanardi. Loro sono campioni, certo.
Ma sentite qui. Un giorno ho assistito a questa scena: una bimba di 10 anni circa, sorda, che indossava delle protesi è entrata nel bar per acquistare un pacchetto di gomme, si è sentita così tanto gli occhi addosso del ragazzo alla cassa che, nel suo linguaggio artefatto, poco fluente ma possibile grazie al fatto di aver adottato da subito l’ausilio giusto, non ha avuto timore di esclamare: “Che guardi? Ecco qui, sono le mie protesi, tu porti gli occhiali perché non ci vedi, io queste perché non ci sento”. Il film è da vedere.
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