Dalla Marcia Perugia Assisi all’impegno nella vita di tutti i giorni. Un NO globale a un mondo iniquo e armato! Un NO al Trump show, anche se lo ringraziamo per aver imposto una tregua
In un tempo buio, che uccide la fiducia e la speranza, il cammino di pace vuole suscitare un sogno, antico e moderno: “il sogno di una società fraterna”.
“Il mondo vince!”. Con queste parole, il 13 ottobre, al parlamento israeliano, Trump ha proseguito il suo discorso durante una delle fasi del suo show personale. Beninteso, un grazie a Trump che è riuscito a imporre una tregua di bombe al martoriato popolo di Gaza. Ma la pace ritrovata dopo migliaia di anni non è proprio dietro l’angolo, anche se il presidente americano del dipartimento della guerra si incensa da solo e si rammarica per non aver ottenuto il Nobel.
Ma il mondo vince davvero. Con le folle oceaniche di persone scese in piazza in ogni parte del mondo per protestare contro il massacro in diretta a Gaza. Chiamatelo come volete: sterminio, genocidio, omicidio di massa, carneficina, strage, eccidio, scempio, crimine di guerra (anche se in questo caso c’è un criminale di guerra senza una guerra – non si può chiamare certo guerra un continuo accanimento sui civili inermi e tutte le infrastrutture di Gaza). La terminologia non interessa a quanti hanno sentito la loro coscienza dire basta e hanno riempito le strade del mondo. E per quanto possa infastidire alcuni storici, giornalisti filogovernativi e politici di una certa parte, le folle di persone in piazza e le varie Flottilla sono state determinanti per una svolta al genocidio in corso e hanno inviato messaggi chiari a chi pensa di poter fare i conti senza di loro.
Anche la Marcia Perugia Assisi 2025 ha voluto inviare il suo messaggio chiaro, cantato, gioioso, danzato e anche urlato per tutti i 20 km colorati che sono stati davvero un vero e proprio esodo biblico che ha portato i costruttori di pace alla Rocca di Assisi. Di gente ce ne è stata davvero tantissima e ancora una volta le persone hanno fatto la differenza. Sono state capaci di sorprendere ancora per la presenza massiccia. Ancora una volta su base volontaria e dopo le varie manifestazioni oceaniche di questi ultimi tempi. Ancora una volta una parte consistente di umanità non si è voluta rassegnare a chi dice che non serve manifestare, camminare, marciare, e facendolo insieme a tante altre persone. Questa volta sono mancati i titoloni roboanti sui quotidiani, i servizi nelle tv e gli infiltrati produttori di scontri con la polizia.
Come è mancato anche il giusto rilievo ai tre giorni preparatori della Marcia, che hanno visto decine di relatori e interventi da tutto il mondo nella cosiddetta “assemblea dell’Onu dei popoli”. In una Sala perugina dei Notari gremita, con l’eco del chiostro medievale che sembrava farsi amplificatore ideale dei vari interventi toccanti, profondi, emozionanti, che si sono susseguiti. Tra i relatori sono intervenuti giornalisti, accademici, attivisti palestinesi, esperti di diritto internazionale, volontari da tutto il mondo. È stata delineata una geografia dell’umanità da contrapporre a una disumanità dilagante, in un abbraccio che ha voluto coinvolgere tutti i “popoli in agonia” del nostro tempo. A cominciare da Gaza e il popolo palestinese.
Fin dalle battute iniziali non è stato fatto mistero del dissenso nei confronti dell’ordine mondiale “ufficiale”. È stata tracciata una linea severa tra chi parla in nome delle istituzioni Stati, Organismi multilaterali e chi cerca di restituire voce diretta ai popoli. È un principio che è stato ripetuto con forza: «Se i popoli tacciono, anche le istituzioni diventano silenziose. E chi tace è complice». Con un registro appassionato ma misurato, le orazioni hanno proceduto per contrapposizioni: l’istituzionalismo formale contro la marea viva delle voci “dal basso”. Per la difesa del diritto internazionale piegato alle logiche del potere contro il diritto morale che reclama dignità per ogni comunità; le guerre dichiarate e i linguaggi del colonialismo moderno contro le forme invisibili di oppressione, espropriazione culturale, emarginazione. Tutte le relazioni sono state immerse nella concretezza delle vicende contemporanee: Palestina, ma anche migrazioni, crisi ambientali, guerre dimenticate, perdita di memoria storica.
La memoria non può essere puro passato, ma risorsa critica per il presente. Sono state evocate le tragedie del Novecento: colonizzazioni, genocidi, deportazioni come “strumenti che continuano a forgiare il presente”. Negare, occultare o minimizzare queste storie è parte integrante del presente iniquo. In tale prospettiva, l’“ONU dei popoli” non è un’utopia, ma una forma di resistenza contro la cancellazione storica. Le istituzioni multilaterali devono essere trasformate da meccanismi di potere in custodi della memoria e promotori di equità e giustizia.
Se “l’Onu dei popoli” resterà una nicchia simbolica o diventerà un agente reale di pressione verso le istituzioni ufficiali, dipenderà in larga misura non dai discorsi fatti ma dalla capacità di costruire reti, pratiche, organismi che incarnino ciò che gli interventi hanno evocato. Ma quei discorsi veri, severi, alti, intrisi di storia e di esperienze drammatiche hanno avuto il merito di rompere il silenzio e di indicare una direzione: che non è quella della rassegnazione, ma della parola insistente, della memoria che non tace, della giustizia che non può più aspettare.
Anche la Sindaca di Perugia ha sottolineato: “Alla marcia un mare che difende l’umanità. È un’immagine stupenda questo mare che difende l’umanità. Grazie Perugia, non sei stata mai così bella”. “Voglio ringraziare – ha continuato la sindaca – tutte le persone che oggi si sono svegliate all’alba per raggiungerci da ogni parte d’Italia, gli studenti che hanno preparato gli striscioni e i volantini, le scuole e le università per questo che è un grande atto di resistenza alla logica della guerra e della disumanità. Grazie dal profondo a voi giovani, coloro che avevamo condannato alle trincee della solitudine, del virtuale, dell’individualismo. Grazie per essere scesi in piazza in queste settimane a ricordarci che sotto le bombe di Gaza stava morendo anche la nostra coscienza collettiva, ferita dall’immobilismo e dalla rassegnazione”. Ferdinandi ha concluso ringraziando “tutte le sindache e i sindaci d’Italia che hanno scelto di essere qui al nostro fianco”. “Noi curiamo la vita che è indispensabile a costruire la pace e il futuro dell’umanità” ha concluso.
Alla marcia per la pace Perugia-Assisi per la prima volta sono presenti anche tantissimi bambini. “La prima marcia della pace dei bambini e delle bambine ha una partecipazione straordinaria oltre ogni previsione. Se i potenti ascoltassero le parole dei piccoli avremmo un mondo migliore, se pensassero al futuro dei loro figli premerebbero i bottoni della pace e della concordia e non quelli della guerra e dell’odio”, sottolinea padre Enzo Fortunato, il giornalista frate francescano che prende parte alla marcia. Seguendo questa strada la “Rete delle scuole di pace” ha proposto il programma SBELLICHIAMOCI che coinvolgerà tutte le città che ne fanno parte. Disarmiamo le parole, per disarmare le menti, per disarmare la terra (Papa Francesco). In un tempo buio, che uccide la fiducia e la speranza, il cammino di pace vuole suscitare un sogno, antico e moderno: “il sogno di una società fraterna”.
“Un’altra testa pende lentamente
Un bambino è preso lentamente
E la violenza ha causato così tanto silenzio
Chi stiamo fraintendendo?”
