Partirono all’alba in crociata i bambini
Le facce gelate, chi li troverà?
Partirono in fila, sepolti di neve
I soli scampati alle bombe ed ai soldati
Volevan fuggire dagli occhi la guerra
Volevan fuggirla per cielo e per terra
Un piccolo capo, la pena nel cuore
Provava a guidarli e la strada non sapeva trovare
Basta massacri! Basta sterminio! Basta genocidio! Ma, come ha sostenuto Raniero La Valle, magari fosse un genocidio. Un genocidio, nel perseguire l’intenzione di distruggere un gruppo umano come tale, può anche limitarsi a colpire alcuni membri o una parte del gruppo, e forse potrebbe anche fermarsi a centomila morti; inoltre, il gruppo che si vuole distruggere è pur sempre un gruppo umano, che però non si vuole continui a far parte della comune umanità.
Qui invece siamo a una destituzione dall’umano. L’ex ministro della guerra di Netanyahu ha detto alla stampa, così che tutti lo sapessero: combattiamo contro animali umani. L’attuale ministro della Guerra di Netanyahu ha detto alla stampa, così che tutti lo sappiano: mettiamo 600mila Palestinesi sfollati ad al Mawasi in un serraglio chiamato “città umanitaria” da costruire sulle rovine di Rafah, e concentriamo poi l’intera popolazione palestinese nel sud della Striscia di Gaza, da dove non potrà uscire. Un’idea del piffero? Sì. Ma non in quanto ingenua. Lo è perché criminale. Quel che è più agghiacciante, tuttavia, è che la sua logica sia condivisa nel silenzio assordante dei vertici del mondo. È la logica di chi vuole sedare le coscienze con formule asettiche: “ricostruzione”, “ordine”, “screening di sicurezza”. È il gergo della modernità disumana, che chiama “soluzione urbanistica” ciò che è segregazione, e “ordine” ciò che è terrore.
In questa disumanità trova anche spazio l’attacco ad personam a Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Cisgiordania e Gaza, che ha osato dire le cose come stavano, e ora l’amministrazione Trump punisce con sanzioni. Il mondo sta rispondendo con la proposta di nomina al Premio Nobel per la Pace per Francesca Albanese. Lei che continua a mettere al centro chi è più a rischio: tutte le persone che soffrono a Gaza.
Come sottolinea ancora Raniero LaValle, oltre l’obiettività dell’informazione, c’è il messaggio che ne proviene. Ed è qui che non è più questione dei Palestinesi, degli Israeliani, dei Russi o degli Ucraini, dell’Iran o dell’America; qui siamo alla perdita dell’ultima dignità dell’umano, a quella soglia oltre la quale l’umano non è più umano. È questa la prova estrema di fronte a cui si trovano oggi il glorioso Occidente, le cosiddette autocrazie, i Paesi arabi, l’Europa che riarma. Ma nessuno corre a presidiare questa soglia, forse nessuno di questi lo può fare. Allora dovrebbe essere l’umanità stessa in qualche sua apicale espressione a farlo, qualcuno che vada lì non per sé, non per i suoi, non per i Palestinesi, non per gli Ebrei, ma per questa umanità che si spegne, che ancora ne faccia echeggiare la voce.
Concludo prendendo in prestito le parole di un post di Daniele Leppe, filosofo metropolitano, fine editorialista e avvocato instancabile difensore dei diritti a cominciare da quelli umani:
“Oltre allo sgomento che provo nei confronti di quello che fa quotidianamente Israele nei confronti dei palestinesi provo, ormai, un sentimento di disprezzo misto a rabbia per coloro che, nella loro posizione di politici, intellettuali, giornalisti, commentatori, a vario titolo, continuano imperterriti a cercare di minimizzare, razionalizzare, spiegare, contestualizzare e giustificare quanto Israele sta compiendo. Come se fosse ancora possibile. Come se ci fosse una ragione plausibile per sparare tutti i giorni sulle persone (bambini inclusi) in fila per l’acqua, il pane, la farina. Come se la distruzione di 36 ospedali possa rispondere a ragioni di sicurezza interna. Come, soprattutto, se il ‘900 fosse passato invano”.
C’era fede e speranza, ma né pane né carne
Non chiamate ladro chi deve rubare
Per dare alle bocche, di cosa mangiare
Farina ci vuole e non solo bontà
Si persero in tondo, nel freddo di neve
Nessuno più vivi li poté trovare
Soltanto il cielo, li vede vagare
Nel cerchio dei senza meta, dei senza patria
