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L’arte della simmetria nei mosaici di Roma antica: tra matematica e bellezza eterna

I mosaici dell’antica Roma sono un patrimonio straordinario di arte e cultura, ma rappresentano anche una testimonianza unica del pensiero matematico di quel tempo. Nonostante la loro apparente semplicità decorativa, i mosaici geometrici romani nascondono un’intrinseca complessità basata sulla simmetria e sull’armonia. L’osservazione di questi schemi, seppur diversificati, rivela che esistono soltanto 17 possibili configurazioni simmetriche, un limite matematico scoperto solo agli inizi del Novecento ma intuitivamente rispettato dagli antichi mosaicisti.

I mosaici comparvero a Roma intorno al III secolo a.C. con una funzione principalmente pratica: migliorare la resistenza e l’impermeabilità dei pavimenti in terra battuta e cocciopesto. Con l’aggiunta di scaglie lapidee, i pavimenti divennero più duraturi, dando origine alla tecnica nota come opus musivum pavimentale. Col tempo, questa soluzione tecnica si trasformò in una forma d’arte, arricchendosi di motivi decorativi e schemi geometrici sempre più complessi.

Vitruvio, celebre architetto e teorico dell’epoca romana, definiva la simmetria come “commensurabilità”, ossia la capacità di misurare le proporzioni con un’unica unità di misura. I mosaicisti romani applicarono questo principio per creare pavimenti in grado di coniugare funzionalità ed estetica. La decorazione geometrica dei mosaici si basava su due traslazioni indipendenti di un motivo, ottenendo così ripetizioni infinite. Tuttavia, secondo le regole della matematica, esistono solo 17 configurazioni possibili per tali schemi, una limitazione accettata intuitivamente dagli antichi senza approfondirne le ragioni teoriche.

La realizzazione di un mosaico richiedeva il lavoro di squadre altamente specializzate, ognuna delle quali si occupava di una fase del processo: dalla preparazione del sottofondo all’impasto delle malte, fino all’allettamento delle tessere. L’artista, il cuore creativo del progetto, era responsabile del disegno e della scelta cromatica.

Durante l’età imperiale, i mosaici romani raggiunsero il loro apice, con pavimenti in opus tessellatum caratterizzati da tessere lapidee di appena un centimetro di lato. Questi venivano spesso utilizzati in luoghi di grande passaggio, come portici, basiliche e tabernae, dimostrando la versatilità e la resistenza della tecnica.

Tra i siti più rappresentativi di Roma, le Terme di Caracalla conservano una vasta gamma di mosaici, da quelli monocromatici a quelli policromi, che illustrano quasi tutti i 17 schemi simmetrici. Altri esempi significativi si trovano nella Villa dei Quintili e a Ostia Antica. Le figure geometriche venivano realizzate tramite diverse operazioni simmetriche, tra cui traslazioni, riflessioni, glissosimmetrie e le loro combinazioni.

Un esempio emblematico è un mosaico del I secolo d.C. in bianco e nero, composto da quadrati di tasselli neri racchiusi in fasce di tasselli bianchi e neri alternati, ottenuto attraverso una semplice traslazione.

I tassellati più antichi rinvenuti a Roma risalgono al I secolo a.C. e furono scoperti in abitazioni distrutte dall’incendio dell’83 a.C. vicino al Tabulario. In queste opere, le tessere erano disposte in modo irregolare su uno sfondo bianco, mentre una maggiore regolarità si osserva nei mosaici successivi, come nella Casa dei Grifi, dove appaiono eleganti cornici nere che delimitano i motivi geometrici.