#Rubriche #La voce di Andrea Maccari

Stringiamo le schede come biglietti d’amore

La bellissima frase della giornalista Anna Garofalo è stata citata dal film “C’è ancora domani” della Cortellesi e può essere la parola d’ordine per i prossimi referendum.

Il primo film che ha visto alla regia Paola Cortellesi, “C’è ancora domani”, è uscito nelle sale nel 2023 e ha avuto un successo di pubblico che ha sorpreso molti. Ma non è difficile individuare il motivo di una così calda accoglienza e un gradimento che prosegue ancora oggi. Il film, infatti, incrocia, in modo originale e riuscito, due temi-chiave: il processo di emancipazione femminile e la partecipazione alla vita democratica. Due questioni che erano senz’altro cruciali nell’Italia del primo dopoguerra, ma che appaiono tuttora attualissime, in quanto non risolte.

Sull’aspetto della partecipazione alla vita democratica del paese, bisognerebbe prima di tutto recuperare il valore della comunità da contrapporre a un ritorno dell’egoismo e a un pericoloso riaffacciarsi di nazionalismi e patriottismi che hanno fatto tanti danni un secolo fa.

Un’occasione per ribadire la partecipazione e una ritrovata cittadinanza attiva la offriranno i cinque referendum dell’8 e 9 giugno. Quesiti referendari che riporteranno al centro della discussione il lavoro e l’importanza della presenza dei cittadini nelle istituzioni. Contrastando una preoccupante idea di democrazia illiberale che si va sempre più diffondendo anche nel nostro Paese.

L’8 e il 9 giugno 2025 le cittadine e i cittadini del nostro Paese sono chiamati ad esprimersi su cinque referendum riguardanti temi di lavoro e cittadinanza. Si tratta di referendum abrogativi, il cui esito positivo determinerebbe importanti avanzamenti sulle condizioni di vita e di lavoro delle persone.

L’obiettivo è ripristinare le tutele in caso di licenziamenti illegittimi, contrastare l’abuso di contratti precari, estendere la responsabilità della sicurezza sul lavoro a committenti, appaltatori, subappaltatori, abbreviare i tempi per avviare le procedure di riconoscimento della cittadinanza. Questioni che richiamano direttamente i principi fondanti la Costituzione repubblicana, in un contesto politico e culturale che vede ogni giorno i diritti e la dignità delle donne e degli uomini che vivono in questo Paese calpestati da logiche di profitto e prevaricazione.

Temi da cui si è tentato di tenere lontana l’opinione pubblica, dapprima scegliendo una “data scomoda”, poi con la poca diffusione sui canali comunicativi e, infine, con la scelta irresponsabile degli esponenti della maggioranza di invitare all’astensione dal voto. Opzione legittima, quella del non voto, ma che risulta perlomeno contradditoria se parte da coloro che affermano di avere la volontà popolare dalla loro parte, anche per poter giustificare le nefandezze delle loro leggi. Così, si entra poco nel merito dei cinque quesiti referendari ma si crea la contrapposizione in fazioni: gli elettori di destra invitati ad andare al mare e quelli di sinistra impegnati in una mobilitazione di altri tempi. E si sceglie da che parte stare più per convenienza che per convinzione. Con un clima che non migliora neppure fuori dai duelli dei talk show e dalla sciatteria social.

Si tratta ormai di un mal costume, non solo italico, che ha sostituito l’offesa al dialogo, il dileggio al confronto, la continua svalorizzazione dell’altro al rispetto. Per non parlare di quello che avviene nei palazzi istituzionali. E anche i referendum sono vittime di questo clima che non coinvolge solo questa consultazione, ma fa scricchiolare i principi fondamentali della nostra democrazia. Ma proprio il 2 giugno, Festa della Repubblica, è stata ricordata e celebrata quella giornata di 79 anni fa in cui gli italiani, e per la prima volta le italiane, andarono a votare con uno slancio dato dalla conquista di quel gesto. Raccontato magistralmente dalla Cortellesi in “C’è ancora domani”.

Il paradosso italiano è che si può governare il Paese con il 25% dei consensi e chiedere agli elettori di rendere validi i referendum con il 50% +1.  Allora, utilizziamo le parole di Giorgio Gaber nella sua “La libertà” in cui esortava: “la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”. E l’8 e 9 giugno stringiamo le schede come biglietti d’amore.