Dopo quasi venti mesi da quel tristemente famoso e orrendo 7 ottobre, è arrivato il momento di dire basta a uno sterminio di massa che sta avvenendo soprattutto nelle nostre coscienze.
Lo ammetto, avrei dovuto scrivere un altro articolo questa settimana, ma è la mia coscienza che questa volta ha dettato l’argomento: Gaza. La crudeltà e l’indifferenza del cosiddetto mondo occidentale, amico di Israele, hanno superato ogni limite. Ma cos’è cambiato per cui alcuni ministri degli esteri dell’Unione europea adesso pensano che Israele stia esagerando nella sua mattanza a Gaza, quando fino a qualche giorno fa si sarebbero affrettati a definire antisemita chi avesse formulato un pensiero del genere? Nella sostanza, niente. Il primo ministro israeliano porta avanti la sua “giusta” vendetta di Stato dall’8 ottobre 2023, lo sterminio, ha chiuso ogni varco per gli aiuti e scatenato la fame. Non c’è nulla che possa chiamarsi novità, c’è un orrore che si accumula, come le macerie e i cadaveri di Gaza. Vorrei sperare che le prime timide prese di posizione (a parte l’Italia ormai appiattita sulla linea Usa) interrompano la cooperazione degli Stati europei con l’esercito devastante di Israele. Questi segnali di cambiamento sono poca cosa al cospetto dell’enormità del crimine, ma vanno colti.
In tempi come questi, dobbiamo comunque essere cristallini, chiari sulla situazione. Come i messaggi accorati dei responsabili delle organizzazioni umanitarie dell’ONU in una dichiarazione congiunta: “Con i valichi di Gaza chiusi, o aperti con il contagocce, e gli aiuti bloccati, la sicurezza è a pezzi e la nostra capacità di operare è stata strangolata”. Affermazioni secondo cui non c’è abbastanza cibo per sfamare tutti i palestinesi a Gaza e le scorte stanno finendo drasticamente. Dobbiamo essere chiari anche riguardo agli obblighi. In quanto potenza occupante, Israele ha obblighi inequivocabili ai sensi del diritto internazionale, incluso il diritto umanitario internazionale e il diritto internazionale dei diritti umani.
L’articolo 55, paragrafo 1, della Quarta Convenzione di Ginevra stabilisce che “la Potenza Occupante ha il dovere di garantire le forniture alimentari e mediche alla popolazione”.
L’articolo 56, paragrafo 1, afferma che “la Potenza Occupante ha il dovere di garantire e mantenere… gli ospedali e i servizi medici, la sanità pubblica e l’igiene nel territorio occupato”.
Stabilisce inoltre che il personale medico di ogni categoria deve poter svolgere i propri compiti.
E l’articolo 59, paragrafo 1, prevede che “se la totalità o parte della popolazione di un territorio occupato non dispone di forniture adeguate, la Potenza Occupante dovrà accettare piani di soccorso in loro favore e facilitarli con tutti i mezzi a sua disposizione”.
Gli Stati membri delle Nazioni Unite devono rispettare i loro obblighi in base al diritto internazionale. E ci devono essere giustizia e responsabilità quando ciò non accade. Nuovi ordini israeliani di evacuazione hanno costretto centinaia di migliaia di palestinesi a fuggire ancora una volta, senza un luogo sicuro dove andare. L’attuale percorso è un vicolo cieco, totalmente intollerabile agli occhi del diritto internazionale e della storia. Anche perché rischiano di farne le spese altri innocenti, come è successo ai due ragazzi statunitensi uccisi da un fanatico ProPal , armato e malato della sua vendetta personale. Senza contare quanta rabbia e violenza si stanno alimentando sotto le macerie di Gaza!
Stiamo assistendo ad atti di guerra (termine inadeguato) a Gaza che mostrano un totale disprezzo per la vita umana. Il mondo sta esaurendo le parole per descrivere la situazione ma è arrivato forse il momento di agire. Dalle parole all’indignazione. Dall’indignazione alla manifestazione in ogni luogo del disprezzo verso ciò che sta accadendo. Come è successo a livello planetario il 24 maggio scorso con l’iniziativa simbolica dei “50.000 sudari”, lenzuola e drappi bianchi appesi alle finestre e che hanno avvolto monumenti. Ed è stato coinvolto anche Pasquino, che anche in questa occasione non ha perso il suo acume.


È tempo di porre fine alla disumanizzazione, proteggere i civili, liberare gli ostaggi, garantire gli aiuti salvavita e rinnovare il cessate il fuoco.
Questo aprire un po’ gli occhi sull’orrore, tardivo e scarso, non può consegnarci una fiducia nei governanti né nelle istituzioni sovranazionali che non hanno fermato Israele. Ma deve spingerci a gridare più forte l’atroce verità della pulizia etnica, raddoppiare l’impegno per incalzare chi al potere e nei media avrà sempre meno alibi per non vederla. Lo fanno con forza milioni di persone nelle piazze di tutto il mondo sfilando con la bandiera della Palestina. Ormai incontestabilmente dalla parte giusta della storia. Anche con il rischio di essere continuamente identificati e accusati di antisemitismo: restiamo umani!