Nel cuore visivo del nuovo linguaggio pittorico contemporaneo, Dario Fiocchi Nicolai firma un’opera densa di tensione narrativa e stratificazioni emotive che si impone come una vera e propria messinscena su tela. Il dipinto, olio su tela, sembra quasi voler trattenere un frammento di spettacolo, una scena rubata alla quotidianità e trasfigurata dal filtro della memoria, perfettamente inseribile nel contesto di un’esposizione d’arte o di spettacolo a Roma in grado di dialogare tra teatro, pittura e psicanalisi visiva.
Siamo di fronte a un interno narrativo, intimo e perturbante. Due figure maschili dominano la scena. Una in particolare, in posizione arretrata e avvolta in un soprabito scuro, guarda lo spettatore con occhi cerchiati e cupi, come se stesse assistendo a qualcosa che non gli appartiene più, o che si ripete ciclicamente. L’altra figura, in primo piano, è solo parzialmente visibile, intenta a porgere bicchieri sovrapposti: gesto minimalista di per sé, ma carico di tensione. La tavola bianca, occupata da una moltitudine di bottiglie di vetro scuro, riflette un senso di accumulo, di tempo trascorso, forse anche di eccesso o di commemorazione.
La composizione è teatrale. Lo spazio non è tridimensionale nel senso classico, ma sembra chiudersi su sé stesso, come una scena vista dal margine del palcoscenico. Il fondo giallo ocra e le ombre cariche di tonalità scure costruiscono un’atmosfera densa, da camera chiusa, da atto secondo di un dramma borghese. L’intero quadro sembra infatti sospeso tra uno spettacolo interiore e uno pubblico, come se il gesto del versare o del condividere un bicchiere si trasformasse in un rito di passaggio, in una resa dei conti silenziosa.
L’identità delle figure è volutamente ambigua, ma è proprio questo a fare di quest’opera un dispositivo di proiezione collettiva. Ogni osservatore può leggerci il proprio tempo, le proprie assenze, le proprie relazioni spezzate o rituali familiari. In questo senso, il dipinto di Fiocchi Nicolai si colloca perfettamente nel panorama artistico romano contemporaneo, dove la pittura si fa performance statica, e lo spettacolo a Roma non si consuma solo in teatro ma anche nella profondità della visione.
Il tratto pittorico è deciso con contorni sfocati che accentuano il senso di instabilità e incertezza. Le mani in primo piano, i volti segnati e lo sguardo obliquo delle figure evocano un senso di inquietudine. Le bottiglie, quasi inventariate come presenze a sé stanti, rinviano a una festa terminata o mai davvero cominciata. Il colore, vibrante ma cupo, costruisce una realtà parallela, dove il tempo sembra essersi fermato in attesa di una parola non detta.