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“Eros, Thanatos, Daimon”: a Palazzo Venier l’incontro tra Francesca Cesaroni e Innocenzo Odescalchi

Un incontro artistico che è prima di tutto un invito al dialogo interiore, una discesa nei recessi della psiche e un’esplorazione spirituale dei confini dell’arte contemporanea. Questa sera, 22 maggio alle ore 18.30, nella suggestiva cornice di Palazzo Venier, in Salita del Grillo 17 a Roma, prende vita la doppia personale di Francesca Cesaroni e Innocenzo Odescalchi, due artisti che, pur provenendo da percorsi differenti, si intrecciano in un’unica narrazione dal titolo potente e ancestrale: Eros, Thanatos, Daimon.

Questa non è semplicemente una mostra. È una convergenza simbolica, una tensione duale che si plasma sulla materia e si distilla nello spirito, dando forma a un progetto che trascende la forma espositiva per farsi rito, evocazione, esperienza. Le opere in mostra si pongono come strumenti di interrogazione del profondo, punti di intersezione tra luce e ombra, sogno e realtà, corpo e memoria.

La ricerca di Francesca Cesaroni, incentrata su forme organiche e sedimentazioni visive che sfumano in paesaggi mentali, si confronta con quella di Innocenzo Odescalchi, che fa della pittura un gesto archetipico, una via alchemica verso l’essenza del segno e del silenzio. Due tensioni apparentemente opposte, che nel dialogo si armonizzano e si illuminano a vicenda, trovando nel Daimon – spirito mediatore tra l’umano e il divino – la figura centrale e generativa di un cammino condiviso.

Luci ed ombre non sono solo elementi tecnici o compositivi, ma diventano presenze vive, simboli, forze che agiscono sulle opere come sul visitatore. In esse si condensano le polarità di Eros e Thanatos: la spinta vitale, generativa, sensuale, e l’attrazione immobile della fine, dell’annullamento, del silenzio. È in questo attrito che nasce lo spazio del Daimon, che non giudica né divide, ma suggerisce, accompagna, guida.

Le installazioni, le tele, le sculture non cercano di spiegare: invitano piuttosto a sentire. Ogni ombra proiettata sulle pareti, ogni frammento di luce catturata, ogni vuoto lasciato intatto è parte di un racconto che non si risolve mai del tutto, ma che si rinnova nello sguardo di chi osserva. Il visitatore è chiamato a un’esperienza immersiva in cui il tempo si dilata e l’intuizione prende il posto dell’analisi.

“Eros, Thanatos, Daimon” è allora una soglia. Un luogo mentale prima ancora che fisico, dove arte e filosofia, mitologia e psicologia si intrecciano in una narrazione che è al contempo universale e profondamente intima.