Presentato questa sera alla festa del Cinema di Roma, e stato scelto come film di apertura, Berlinguer. La grande ambizione è il nuovo lavoro diretto da Andrea Segre che racconta gli ultimi anni di vita di Enrico Berlinguer, storico segretario del Partito Comunista Italiano (PCI). Il film si distingue per la sua capacità di combinare abilmente elementi di finzione con un rigoroso uso di materiale di repertorio, creando così un ritratto sfaccettato e profondamente umano di una delle figure politiche più iconiche della storia italiana del XX secolo. Elio Germano, noto per la sua versatilità e capacità di immergersi nei personaggi, interpreta magistralmente Berlinguer, offrendo al pubblico una performance intensa e memorabile.
L’abilità di Segre non si ferma a limitarsi ad una narrazione cronologica della vita di Berlinguer, ma sceglie di focalizzarsi sugli ultimi anni della sua carriera politica, a partire dal 1973. Questo periodo rappresenta una fase cruciale della storia politica italiana, in cui il segretario del PCI si trova a dover affrontare momenti di forte tensione internazionale, cambiamenti interni al partito e sfide personali. La trama si sviluppa tra episodi noti e meno conosciuti, alternando immagini di repertorio a scene di pura fiction, costruite però con grande attenzione filologica.
Uno degli episodi centrali è l’attentato di Sofia, in Bulgaria, nel 1973, dove Berlinguer riuscì miracolosamente a salvarsi. Questo evento segna l’inizio di un percorso di trasformazione e distacco dalle direttive di Mosca, in una fase storica in cui il mondo era ancora rigidamente diviso tra Est e Ovest. Il film esplora anche i tentativi di Berlinguer di trovare una “via italiana al comunismo”, un’idea che mirava a coniugare i principi del socialismo con la democrazia occidentale, cercando un terreno comune tra il PCI e la Democrazia Cristiana (DC).
Il film di Segre si distingue per la sua capacità di rappresentare non solo il politico, ma soprattutto l’uomo Berlinguer. Grazie all’interpretazione di Elio Germano, si percepisce il peso della responsabilità che Berlinguer sentiva verso gli altri, un elemento che emerge in tutta la sua intensità nelle scene più intime e personali. Il regista riesce a trasmettere l’idea di un uomo che, nonostante il potere, portava dentro di sé un profondo senso di inadeguatezza e una continua lotta interiore.
Nato a Sassari, Berlinguer aveva vissuto la perdita della madre a soli 14 anni, un trauma che lo segnò profondamente. L’infanzia trascorsa nella sua terra natale viene evocata nel film attraverso flashback delicati e toccanti. La sua passione per il poker, appresa proprio nei circoli di Sassari, diventa metafora della sua capacità di calcolo, rischio e strategia politica.
Interpretare una figura come Berlinguer è una sfida immensa, ed Elio Germano si è dimostrato all’altezza del compito. L’attore, già noto per altre interpretazioni di personaggi storici, riesce a dare vita ad un Berlinguer autentico, evitando le trappole della caricatura o dell’idealizzazione eccessiva. La sua interpretazione mette in luce le contraddizioni di un uomo complesso, che alternava momenti di grande determinazione a istanti di profonda riflessione e dubbio.
Germano è riuscito a catturare perfettamente le peculiarità del corpo “scomposto” di Berlinguer, un modo di muoversi che trasmetteva quasi un senso di disagio, come se fosse sempre consapevole del peso delle aspettative che lo circondavano. Attraverso piccoli gesti, sguardi e pause, l’attore riesce a restituire allo spettatore un’immagine vivida e concreta dell’uomo, non solo del politico.
La “grande ambizione” a cui allude il titolo del film era quella di riuscire a costruire un progetto politico capace di unire tutte le forze popolari del paese, portando avanti un riformismo di stampo socialista. Berlinguer vedeva nella collaborazione con la Democrazia Cristiana non una resa, ma un’opportunità di costruire una nuova strada per l’Italia. Il compromesso storico, tentato a partire dagli anni ’70, rappresentava la volontà di dialogare e trovare soluzioni condivise per il bene comune, un concetto che oggi appare quasi anacronistico.
Il film racconta con cura gli incontri, le campagne elettorali, i discorsi memorabili e i viaggi a Mosca, durante i quali Berlinguer cercò di affermare l’indipendenza del PCI rispetto all’Unione Sovietica. Celebre resta il suo “no” a Leonid Breznev nel 1977, durante il XXV Congresso del Partito Comunista dell’URSS, un momento che segnò un punto di svolta nel rapporto tra il PCI e il Cremlino.
La scelta di mescolare materiale di repertorio con scene ricostruite è stata audace ma vincente. Il film riesce così a colmare un vuoto nel cinema italiano, che finora aveva esplorato poco la figura di Berlinguer. Non è un biopic tradizionale, bensì una sorta di “affresco storico”, che offre allo spettatore una panoramica completa di quegli anni e delle persone che ruotavano intorno al segretario comunista.
Segre ha voluto mantenere una precisione filologica nei dettagli storici, ma senza rinunciare a una narrazione coinvolgente. Ci sono voluti anni di ricerche negli archivi, interviste con la famiglia e i compagni di partito, e una cura maniacale nella selezione delle immagini e dei discorsi per poter restituire un quadro accurato e toccante di un periodo complesso e turbolento.
Oltre a raccontare la vita di Berlinguer, il film rappresenta una riflessione sulla politica stessa. Segre vuole evidenziare la differenza tra il modo di fare politica di allora e quello di oggi. La pazienza, la capacità di ascoltare, di aspettare il momento giusto e di dialogare senza pregiudizi sono lezioni che l’Enrico Berlinguer di Germano e Segre vuole lasciare allo spettatore contemporaneo.
In una scena particolarmente significativa, vediamo Berlinguer che, tra una sigaretta e l’altra, si sofferma a parlare con operai e militanti. Non è solo una conversazione, ma un atto di connessione umana, di comprensione e di condivisione, che oggi sembra quasi un’utopia. Il film invita a riflettere su cosa significhi davvero rappresentare il popolo, non attraverso slogan, ma attraverso azioni concrete e genuine.
Berlinguer. La grande ambizione si presenta come una pellicola capace di emozionare, informare e far riflettere. Se da una parte Andrea Segre, con la sua sensibilità e la collaborazione di un cast eccellente, è riuscito a riportare in vita un pezzo di storia italiana che merita di essere ricordato, Elio Germano riesce ad interpretare non solo scene cinematografiche anche a metterci sentro sentimenti confermando la sua capacità di dare vita a personaggi complessi e sfaccettati.