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Quando il jazz incontra lo spirito: il viaggio sonoro dello Shanti Project di Enrico Ghelardi

C’è una linea sottile, eppure ben definita, che separa la semplice fusione musicale dalla vera sinergia spirituale. Ed è proprio su questa linea che si muove, con passo ispirato e sicuro, lo Shanti Project di Enrico Ghelardi, un’esperienza musicale che travalica i confini dei generi per approdare a un territorio interiore, intimo, quasi sacrop

Questa sera appuntamento al Pentalfa club, in zona Trionfale ma presentato in anteprima all’Auditorium Parco della Musica di Roma, questo progetto nasce dal desiderio di coniugare il jazz con le atmosfere della musica indiana, non tanto nei tecnicismi di scale o metriche, quanto nello spirito contemplativo e trascendente che quella cultura sonora evoca. Una direzione artistica che trova radici evidenti nella lezione del “jazz spirituale” di giganti come John e Alice Coltrane e Pharoah Sanders.

Ghelardi, polistrumentista raffinato, dà voce a questa visione attraverso le sonorità calde e avvolgenti del sax soprano, del clarinetto basso e dei flauti. Ma ciò che rende il progetto autentico non è solo la perizia tecnica, quanto piuttosto la sua coerenza umana: l’artista, infatti, da anni affianca alla carriera musicale una profonda pratica spirituale. In questo progetto, i due percorsi si intrecciano con naturalezza, creando un linguaggio musicale che è, al contempo, immediato e profondo.

Accanto a lui, una formazione di grande sensibilità: Pierpaolo Principato al pianoforte, Stefano Cantarano al basso e Massimiliano De Lucia alla batteria e alle percussioni. Insieme danno vita a un repertorio di sole composizioni originali, che si aprono con generosità all’improvvisazione, tratto distintivo del jazz più autentico.

Due gli album che raccolgono e documentano questo percorso: “Om Namaha”, pubblicato da Helikonia, e il più recente “Peace for Earth”, edito da Alfa Music. Titoli che sono già una dichiarazione d’intenti: un invito alla pace, al raccoglimento, alla bellezza.

Lo Shanti Project non è un semplice concerto, né tantomeno un esperimento di world music. È un’esperienza, un cammino sonoro che parla tanto all’intelletto quanto all’anima. In un’epoca in cui la musica spesso rincorre l’intrattenimento effimero, questo progetto ci ricorda che può ancora essere uno spazio di riflessione, un viaggio verso il sé.

Una proposta rara, elegante e sincera, che merita di essere ascoltata con il cuore prima ancora che con l’orecchio.