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“Fin che ci trema il cuore”: la danza come vibrazione dell’anima al Teatro Palladium

Dopo una stagione intensa e ricca di appuntamenti internazionali, che ha visto protagonisti il duo spagnolo Akira Yoshida & Lali Ayguadé, l’artista israeliano Daniel Ben Ami e il focus sulla compagnia ceca Farm in the Cave, “In Levare” torna a volgere lo sguardo verso la scena italiana. Il progetto, ideato e prodotto dal Centro Nazionale di Produzione della Danza Orbita Spellbound sotto la direzione artistica di Valentina Marini, segna un nuovo capitolo con il debutto in prima assoluta di Fin che ci trema il cuore, firmato da Michael Incarbone, in scena martedì 29 aprile alle 20.30 al Teatro Palladium.

Michael Incarbone, artista multidisciplinare e danzatore associato a PinDoc, Organismo di Produzione Danza, si è già distinto come performer collaborando con maestri del calibro di Virgilio Sieni, Roberto Castello, Adriana Borriello e il collettivo Kinkaleri. Con questa nuova creazione – produzione PinDoc con il sostegno del MiC e di SIAE nell’ambito del programma “Per Chi Crea” – l’artista si afferma come ideatore e coreografo di una pièce che vede sul palcoscenico le talentuose danzatrici Erica Bravini e Marina Bertoni. Un progetto arricchito dalla drammaturgia di Valeria Vannucci, dalle musiche originali di Filippo Lilli, dai costumi di Giulia Cauti e dal disegno luci di Danila Blasi.

L’opera nasce con l’intento di esplorare un fenomeno inafferrabile, in continuo mutamento, cercando una frequenza sottile dello stare dei corpi: un abbandono, fragile e audace, che si fa danza. Come spiega lo stesso Incarbone, l’immagine dell’orizzonte diventa metafora centrale, simbolo del passaggio tra il finito e l’infinito, linea impercettibile eppure tangibile che vive nella sfumatura della distanza. Su questo confine evanescente, i corpi si muovono come strumenti musicali, generando vibrazioni e risonanze che danno vita a figure diafane, sospese tra realtà e immaginazione.

La performance si struttura come un attraversamento poetico: lo spazio scenico si trasforma in una dimensione mutevole, dove la danza si svela nella sua fragilità, come una realtà trasparente che invita lo spettatore a guardare oltre ciò che appare. È una danza ardente, alimentata dal desiderio di lasciare intravedere ciò che normalmente sfugge, una presenza che si rivela nel suo incessante divenire.

Incarbone plasma i corpi come fenomeni sonori, esplorando il concetto di equilibrio nella caduta, di abbandono come gesto estremo di apertura e liberazione. In questa prospettiva, stare in equilibrio diventa un atto di resistenza poetica: significa cadere in tutte le direzioni allo stesso tempo, accettando la precarietà come forma di bellezza e di verità.