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Tre donne, tre voci, un’unica fiamma: Monica Demuru dà voce a Mansfield, Bachmann e Munro al TeatroBasilica

Dal 9 all’11 maggio, tre letture per tre protagoniste letterarie dell’universo femminile novecentesco, tra dolcezza e vertigine, spirito libero e fratture invisibili

C’è una linea sottile, ma tenace, che collega Katherine Mansfield, Ingeborg Bachmann e Alice Munro. Una linea che non si lascia delimitare né dalla geografia né dallo stile, ma si traccia con forza nel territorio della scrittura femminile più profonda, nel modo in cui queste tre autrici hanno saputo raccontare la complessità dell’essere donna in un mondo in cui la voce femminile ha faticato a farsi ascoltare. A dar voce a questa linea – con grazia, intensità e rigore – è Monica Demuru, protagonista di un raffinato progetto di lettura scenica ideato da Daria Deflorian, con la collaborazione artistica di Andrea Pizzalis, in scena al TeatroBasilica di Roma dal 9 all’11 maggio.

Tre serate (una pomeridiana) per tre testi capitali della letteratura al femminile, scelti con cura per far emergere figure femminili colte nel cuore di una crisi – piccola o grande – che ne rivela le contraddizioni, le fragilità e la forza. Una selezione che è, al tempo stesso, omaggio e rivelazione.

Si comincia giovedì 9 maggio alle ore 21.00 con Pura felicità di Katherine Mansfield, tratto dall’omonima raccolta pubblicata nel 1918. La scrittura della Mansfield, come ha scritto Nadia Fusini, “corre al margine dell’esistenza e ne costituisce l’essenza”. È una prosa fatta di scarti, di squarci, di fenditure nel quotidiano. “Un sentimento di pura felicità – felicità assoluta! – come se uno, di colpo, avesse inghiottito un frammento di quel sole.” È la gioia improvvisa, quasi spaventosa, della vita che esplode e insieme della vita che sfugge, un attimo prima della frattura.

Venerdì 10 maggio, sempre alle 21.00, sarà la volta di Occhi felici di Ingeborg Bachmann, dal volume Tre sentieri per il lago (1972). Autrice che ha scolpito il dolore della condizione femminile con parole poetiche e affilate, la Bachmann racconta la guerra che non finisce mai, che continua nelle relazioni intime, nei silenzi, nei tradimenti. La sua protagonista guarda il mondo con occhi che cercano la felicità, ma il riflesso è spesso torbido, distorto da un passato che non passa. La Jelinek ha scritto che la Bachmann ha saputo mostrare l’annientamento nei rapporti umani: qui, Monica Demuru ne restituisce le ceneri incandescenti.

Si chiude sabato 11 maggio alle 16.30 con Le bambine restano di Alice Munro, tratto dalla raccolta Il sogno di mia madre (1998). Premio Nobel per la letteratura, la Munro scrive storie in apparenza quotidiane, ma con tagli netti, che rivelano la tensione sotto la superficie. Come ha detto Antonia Byatt, nei suoi racconti c’è sempre un colpo di forbici che lacera la normalità. E spesso, dopo quel taglio, resta solo la solitudine, scelta o subita, ma comunque consapevole. Le sue protagoniste attraversano illusioni d’amore, passioni e sacrifici, fino a ritrovarsi con se stesse, senza più alibi.

Monica Demuru non interpreta, non recita: offre la voce come corpo, respiro, presenza. In un tempo in cui le parole vengono spesso consumate e svuotate, queste letture restituiscono densità, profondità, verità. La direzione di Daria Deflorian, una delle figure più acclamate del teatro di ricerca italiano, garantisce un approccio che non cerca l’effetto, ma la risonanza autentica tra testo, interprete e spettatore.