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“Un tram che si chiama Desiderio” torna a Roma: al Sala Umberto il dramma eterno di Tennessee Williams

Dal 13 al 25 maggio 2025, il Teatro Sala Umberto di Roma accoglie uno dei capolavori più intensi del teatro del Novecento: Un tram che si chiama Desiderio. Il dramma, firmato da Tennessee Williams nel 1947 e immortalato sul grande schermo nel 1951 da Elia Kazan con Vivien Leigh e Marlon Brando, torna in scena in una nuova e attesa produzione diretta da Gianluca Merolli, regista raffinato che promette di rileggere il testo con uno sguardo personale ma fedele allo spirito originario dell’opera.

È un viaggio nelle ombre dell’animo umano, quello che attende il pubblico romano. Un’esplorazione lucida e crudele della fragilità, del desiderio, della violenza e dell’illusione, che si consuma tra le pareti soffocanti di una casa della New Orleans più popolare, dove il tempo sembra fermarsi e le passioni covano sotto la cenere. Al centro della scena, la figura tragica e conturbante di Blanche DuBois, donna elegante e decadente, in fuga dal passato e in cerca di una salvezza che sa già impossibile.

Blanche, che ha lasciato la propria dimora e la cattedra da insegnante dopo il suicidio del marito e una serie di comportamenti scandalosi, trova rifugio nella casa della sorella Stella. Ma la casa non è davvero un rifugio: è un luogo scomodo, angusto, segnato dalla presenza ingombrante e brutale di Stanley Kowalski, marito di Stella, uomo rude e carnale, dominatore del piccolo universo domestico. L’arrivo di Blanche incrina l’equilibrio, già precario, della coppia. Si insinua tra i due con la sua sensibilità fragile e il suo modo di fare altezzoso, creando una tensione palpabile, fatta di scontri, disprezzo, ma anche di una pericolosa attrazione.

La forza di Un tram che si chiama Desiderio risiede proprio nella sua capacità di mettere a nudo le dinamiche psicologiche e sociali che governano i rapporti umani. Williams disegna personaggi lacerati, incapaci di vivere nel presente, divisi tra ciò che desiderano e ciò che la realtà impone. Blanche è il simbolo di un mondo che sta scomparendo, Stanley quello che prende il suo posto con brutalità e cinismo. Tra i due, Stella è sospesa, vittima e complice, figura tragicamente passiva di un amore malato.

La scelta della scenografia, adattata al palcoscenico teatrale, sembra orientata verso una lettura contemporanea, che non snatura il contesto originale ma lo rende risonante con le inquietudini del nostro tempo.