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Lazio, stagione da dimenticare: fuori dall’Europa, senza progetto e senza futuro

foto: Antonietta Baldassarre/INSIDEFOTO

Il sipario cala sull’annata biancoceleste con l’eco amara di un settimo posto che non basta nemmeno per strappare un pass per la Conference League. A chiudere definitivamente i conti è l’ennesima caduta all’Olimpico, stavolta contro un Lecce mai domo, che passa con merito e fotografa senza pietà lo stato comatoso della Lazio.

Un dato su tutti racconta il fallimento: una sola vittoria casalinga negli ultimi sei mesi. Un trend che grida all’imbarazzo e che ha reso inevitabile l’esclusione da qualsiasi competizione europea.
Un “fracaso”, come direbbero in Sudamerica, che riporta la mente dei tifosi a otto anni fa, quando la Lazio chiudeva fuori dalle coppe e senza prospettive. Oggi, la sensazione è persino peggiore, perché il ridimensionamento sembra ormai strutturale.

Solo due stagioni fa, la Lazio di Maurizio Sarri chiudeva il campionato al secondo posto, qualificandosi meritatamente alla Champions League e regalando ai tifosi l’illusione concreta di un ciclo ambizioso.
Un’illusione svanita in fretta. Le due annate successive hanno mostrato una realtà ben diversa: regresso tecnico, confusione gestionale e una strategia societaria inesistente.

L’addio di Sarri, l’allenatore che aveva portato gioco, organizzazione e risultati, è stato gestito male e mal digerito. Il cambio di guida tecnica si è trasformato in una transizione lenta, disordinata, e non supportata da un mercato all’altezza. Pochi acquisti azzeccati, tante scommesse perse, nessuna visione sul lungo periodo.

Mentre Bologna, Atalanta e Fiorentina costruivano progetti tecnici solidi e riconoscibili, la Lazio restava immobile. Mentre altrove si investiva con criterio, a Formello si optava per la conservazione, sperando che bastasse. Non è bastato.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: settimo posto per il secondo anno consecutivo, ma stavolta senza nemmeno la consolazione della Conference. E, soprattutto, con l’impressione che il club non abbia più chiari né i mezzi né gli obiettivi.

L’assenza dalle coppe europee avrà ripercussioni pesanti: meno introiti, meno appeal sul mercato e il rischio concreto di perdere alcuni dei migliori giocatori. In un calcio che viaggia a ritmi sempre più sostenuti, restare fermi equivale a retrocedere.

La Lazio, oggi, rischia di essere un club ai margini, un’entità sospesa tra un passato non troppo lontano ma ormai sbiadito e un futuro che nessuno sembra voler realmente progettare.

Non basteranno le dichiarazioni di facciata o qualche innesto estivo per cambiare rotta. Serve una presa di coscienza netta da parte della società, a cominciare dal presidente Claudio Lotito, chiamato finalmente a dire chiaramente quali siano le reali ambizioni di questa Lazio.

Continuare a galleggiare, affidandosi a intuizioni estemporanee o a una comunicazione sempre più rarefatta, significa accettare un destino da comprimari. E per una piazza come Roma, che vive di orgoglio e passione, sarebbe un prezzo troppo alto da pagare.