L’ultima giornata di campionato non è mai una semplice formalità. Talvolta regala titoli, altre volte sentenze, più spesso ancora spartiacque silenziosi che separano chi continuerà a crescere da chi, inevitabilmente, sarà costretto a ricostruire. È il caso di quest’anno, in una Serie A che si chiude senza scudetto da assegnare ma con una lotta feroce per l’ultimo pass disponibile per la Champions League. Una lotta che intreccia storie, addii e necessità economiche. Una lotta che coinvolge Roma, Lazio e Juventus, e che vale molto più di un semplice piazzamento: vale almeno 60 milioni di euro.
È la cifra minima che garantisce l’accesso alla prossima edizione della Champions, una cifra capace di determinare i piani di mercato, il destino degli allenatori e la stabilità dei dirigenti. Lo sa bene la Juventus, il club che più di tutti rischia sul piano finanziario. Una vittoria nell’ultima giornata le assicurerebbe il quarto posto, ma non necessariamente una stagione di serenità. Perché, se da un lato il successo blinderebbe il pass per l’Europa che conta, dall’altro resta sospesa la questione societaria: senza quei ricavi, si aprirebbe l’ennesimo scenario da ricapitalizzazione, con un possibile nuovo aumento di capitale da 100 milioni già ipotizzato in caso di necessità.
E poi c’è Igor Tudor, un allenatore arrivato in corsa, apprezzato per il lavoro fatto ma consapevole di avere l’ombra lunga di Antonio Conte che incombe sulla panchina bianconera. “Penso si sia fatto un buon lavoro, non si è sbagliato niente, questa squadra ha un potenziale superiore a quello che si vede ora”, ha dichiarato il croato, quasi a voler mettere il punto su un’avventura di transizione più che di rinascita. E mentre la Juve si affida all’aritmetica per garantirsi un futuro meno nebuloso, chi insegue non può far altro che vincere e sperare.
Spera la Roma, trascinata da un Claudio Ranieri che oggi siederà per l’ultima volta su una panchina di Serie A. Lo farà nella Torino granata, con un Toro in subbuglio e i tifosi sul piede di guerra, ma con un obiettivo preciso in testa: riportare i giallorossi in Champions dopo cinque lunghissimi anni. Non sarà semplice, perché serve una vittoria e l’auspicio che chi precede inciampi. Ma Ranieri non è tipo da farsi intimorire dalle probabilità: chiudere con un colpo di scena sarebbe perfettamente nel suo stile.
Più sfumata la speranza della Lazio, impegnata all’Olimpico contro un Lecce che si gioca la permanenza in A con le unghie e con i denti. Per Marco Baroni, la partita vale poco sul piano personale: il suo futuro non si deciderà oggi, ma in un confronto già calendarizzato con Claudio Lotito. Eppure per i biancocelesti i giochi sono ancora aperti: la Champions è un miraggio, ma anche un posto in Europa League non è affatto scontato. Se Roma e Juve dovessero vincere, alla Lazio resterebbe solo la Conference, sempre che nel frattempo non venga scavalcata da una Fiorentina in rimonta. Un rischio concreto, che fa della sfida con i salentini un crocevia tutt’altro che irrilevante.
In un finale carico di attese, un’altra storia prende forma lontano dalle prime pagine ma con un significato profondo per il calcio italiano. A Udine, dopo trentanove anni, la famiglia Pozzo sta per passare la mano. Lunedì sarà reso noto il nome del fondo newyorkese che ha acquistato il club per circa 150 milioni di euro, chiudendo un’era che ha visto l’Udinese stabilmente in Serie A per tre decenni e capace perfino di affacciarsi in Champions League. È una cessione che pesa, anche simbolicamente, perché restringe ancora di più il numero delle società con una proprietà italiana di maggioranza: ora sono otto.
Così si chiude questa Serie A, tra sogni d’Europa, panchine traballanti e proprietà che cambiano volto. Ma più che mai, in questo finale, il campo sarà l’unico giudice. E tra un addio e un rilancio, tra una rincorsa e un bilancio, tutto passerà per novanta minuti che, come spesso accade, varranno un’intera stagione.