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Marina, i pattini sul ghiaccio, l’Olimpiade mancata e la squalifica per una collana

foto: Redazione

E una passione sportiva più forte di tutto

Alzi la mano chi, almeno da bambina o bambino, non ha mai sognato di andare alle Olimpiadi? Non tutti certo, ma molti sì. Solo che ci sono quelli, e sono la maggior parte, che questo traguardo se lo sognano con il binocolo. Altri, invece, che arrivano a un soffio, vedono la linea d’arrivo ma poi succede qualcosa e puff, puoi solo raccontare di esserci andato vicino. E allora ecco la storia di una di loro. Devo la “scoperta” all’amico Antonio Limongi, una specie di uomo-piste (del ghiaccio) innamorato dei pattini. Ha invitato a cena un gruppo di persone ed ecco che tra di loro una signora prende a raccontare della mancata convocazione alle Olimpiadi di Cortina nel pattinaggio artistico. Ovviamente non la Cortina che verrà, parla al passato. Faccio un po’ di conti e dico: quei Giochi si disputarono nel 1956, a malapena poteva essere nata, com’è possibile? 

Marina D’Agata sorride e ci racconta la sua età. Rimaniamo tutti ammutoliti. Poi ci dice che sì, a vent’anni o giù di lì avrebbe meritato la convocazione ma ci si mise la figlia di un politico eh, vabbè, successe altro. Una delusione che però non le fece alzare bandiera bianca. Ci pensò un’altra storia: qualche allenamento fra i padiglioni della Fiera di Milano, due anni dopo, e un regalo di alcuni commercianti, anzi due, una collana e un braccialetto. E la squalifica: sei professionista, vai fuori. 

A quel punto, Marina si arrese. Avrebbe potuto odiare lo sport, o comunque il sistema che lo regola e invece s’è messa a insegnare un po’ ovunque, e come se non bastasse a fare anche l’opinionista prima per la Rai e poi per Telemontecarlo. Il pattinaggio è la sua vita. “E’ come volare”. E anche ora, vive a Sacrofano, a nord di Roma, la passione per i pattini mica le è passata anche se gli spazi impiantistici sono sempre meno per trasmettere la sua esperienza. Marina racconta tante altre cose e poi a un certo punto le chiediamo: ma andrà a Milano a vedere la prossima Olimpiade nel 2026? Lei risponde immediata: “No”. E alle difficoltà logistiche annuncia come problema insuperabile il costo del biglietto. Ma con la serenità di chi non si perderà una gara alla tv. Allora io penso a una cosa: come sarebbe bello se qualcuno – dirigenti, sponsor, amministratori – chiunque abbia a che fare con le Olimpiadi che verranno, potesse invitarla anche per un solo giorno su quelle tribune per darle i Giochi che ha solo sfiorato, seppure visti dagli spalti. Sarebbe una cosa tenerissima, ma anche un manifesto di come lo sport possa far bene, fisicamente e anche mentalmente, trasformando una delusione cocente in un impegno affettuoso verso i gesti che riempiono la sua vita da quando aveva 12 anni. E allora Marina, nonostante tutto e in ogni caso, buona Olimpiade!