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Impianti sportivi nel mirino dell’IMU: l’allarme di Alessandro Cochi e il rischio per lo sport romano

Alessandro Cochi

foto: Riccardo Piccioli

Roma si scopre, ancora una volta, ostaggio di una burocrazia che rischia di compromettere il diritto allo sport per decine di migliaia di cittadini. È delle ultime ore la notizia che 71 impianti sportivi di proprietà di Roma Capitale, attualmente affidati a concessionari, hanno ricevuto dalla Ragioneria Generale del Campidoglio una comunicazione ufficiale: si tratta di un invito al contraddittorio preventivo per presunto mancato pagamento dell’IMU relativo al triennio 2019-2021. Una scure, quella della tassazione, che potrebbe avere ricadute devastanti sull’intero tessuto sportivo cittadino.

A lanciare l’allarme è Alessandro Cochi, Presidente del CONI Lazio, che ha raccolto le preoccupazioni di numerosi gestori. “Non spetta al CONI entrare nel merito tecnico della questione, trattandosi di immobili di proprietà comunale – ha dichiarato – ma è evidente che serve un’immediata riflessione tra tutte le istituzioni che governano lo sport nella Capitale. In gioco c’è molto più di una disputa fiscale: c’è il diritto dei romani a praticare sport e a vivere il benessere che esso genera”.

Nel mirino, in particolare, le annualità 2020 e 2021, durante le quali molti impianti sono rimasti chiusi a causa dell’emergenza sanitaria. Proprio per questo, la richiesta appare a dir poco paradossale: esigere l’IMU per strutture inutilizzabili a causa del lockdown rappresenta un corto circuito istituzionale che mina la credibilità del sistema. “Trovo singolare – continua Cochi – che si arrivi a pretendere tributi per anni in cui lo sport era fermo, le palestre serrate, le piscine vuote. È una questione che va ben oltre il diritto tributario: tocca la giustizia sociale”.

L’attenzione immediata della Commissione Sport di Roma Capitale, presieduta da Ferdinando Bonessio, è un segnale incoraggiante, ma i tempi stringono. Entro 60 giorni, i gestori degli impianti dovranno presentare le controdeduzioni: in caso contrario, gli avvisi si trasformeranno in cartelle esattoriali, con conseguente avvio delle procedure di riscossione coattiva. Uno scenario drammatico per chi gestisce realtà spesso radicate nel territorio, vere e proprie palestre di vita che ogni giorno accolgono bambini, adolescenti, anziani, sportivi amatoriali e agonisti.

“Il rischio concreto – denuncia Cochi – è che molti impianti siano costretti a chiudere, con un impatto sociale incalcolabile. A Roma lo sport è un servizio pubblico, una necessità, non un lusso. Interrompere questa rete significherebbe privare la città di uno dei suoi strumenti più efficaci di coesione, prevenzione, salute e formazione”.

Da anni, il mondo sportivo romano si regge sul lavoro quotidiano di associazioni, cooperative e gestori privati che, spesso con risorse limitate, riescono a garantire servizi di qualità in impianti pubblici. Colpirli con una tassazione retroattiva e, per molti versi, discutibile, rappresenta una minaccia alla sopravvivenza stessa del sistema. Il Presidente del CONI Lazio ha offerto la propria disponibilità per contribuire alla ricerca di una soluzione condivisa e duratura, ma invita le istituzioni a un intervento rapido e risolutivo.

“Non possiamo permettere che il cuore sportivo della Capitale venga paralizzato da un atto amministrativo senza precedenti. Serve lucidità, buonsenso e volontà politica. Lo sport romano non può pagare un prezzo così alto per un’interpretazione discutibile della norma”.