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Casi Orlandi-Gregori. Verità sui resti umani ritrovati nella Nunziatura Apostolica di Roma

Verso l’archiviazione il caso delle ossa ritrovate fortuitamente in un edificio della Nunziatura Apostolica in Via Po a Roma lo scorso novembre.

I resti risalirebbero al periodo compreso tra il 90 e il 230 d.C., secondo le verifiche dei consulenti. Sarebbero così escluse per sempre da questa vicenda le ipotesi riemerse sui casi delle minorenni scomparse nel 1983, Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi, i cui familiari vedono spegnersi, per l’ennesima volta, quelle flebili speranze di ritrovare anche dei resti pur di mettere la parola “fine” a trentacinque anni di dolore e angoscia.

È infatti proprio Antonietta Gregori, sorella della prima ragazza a scomparire nel nulla – Mirella – a dichiarare ieri sera al programma televisivo sulle persone scomparse Chi l’ha visto?: «Non ci speravamo tanto. Pensavamo di poter mettere fine alla storia drammatica di mia sorella Mirella, dopo 35 anni. Ma non è così”. Poi ha aggiunto: “Spero solo che, dopo questo episodio, non si spengano di nuovo i riflettori. Spero che mia sorella Mirella ed Emanuela Orlandi non vengano dimenticate. Mi auguro proprio che il caso di mia sorella venga riaperto».

Prima di Natale anche Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, scomparsa poche settimane dopo Mirella Gregori, chiede ancora una volta la verità sulla sorella, ma il Vaticano si chiude e anche Bergoglio – il terzo Papa in carica – non lo riceve più, liquidandolo con un «Emanuela è in cielo…», affermazione che significa tutto e niente, che lascia invariati i dubbi sull’inspiegabile scomparsa di una quindicenne cittadina vaticana, figlia di un funzionario in circostanze mai chiarite. «Il muro di gomma è più alto di prima!». Così Pietro Orlandi solo un paio di mesi fa, costretto ad aspettare ancora per conoscere la verità su Emanuela. Una realtà che più viene taciuta e più sembra spaventosa, oltre ogni umana immaginazione. Il silenzio preferito a una “scomoda” verità rischia di alimentare congetture e paure nell’opinione pubblica che attende ancora.