La serie di Leonardo Santoleri su Prime Video svela l’essenza più vera degli sport da combattimento, tra coraggio, ferite e traguardi restituendo umanità agli eroi del ring
Ci sono storie che restano nell’ombra, nascoste dietro i riflettori che illuminano solo i vincitori. Storie di sudore, di sogni infranti e ricostruiti, di cadute che insegnano più delle medaglie. Fighters nasce da qui, da quell’angolo silenzioso dove la forza si misura con il coraggio e la fragilità convive con la grandezza.
Leonardo Santoleri, giornalista e regista, ha scelto di raccontare quattro protagonisti del mondo del combattimento in una serie intima e autentica. Quattro puntate su Prime Video, quattro vite, quattro modi di affrontare il ring e la vita. Giovanni De Carolis, Micol Di Segni, Carlo Pedersoli e Mattia Faraoni si mettono a nudo, abbandonando la corazza dell’atleta per mostrare l’uomo e la donna che si celano dietro i colpi e le vittorie.
Seduti su una sedia, davanti a una telecamera discreta, parlano come a un amico. Raccontano le paure prima di salire sul ring, il peso di una sconfitta, la dolcezza di un trionfo cercato per anni. Le loro parole non suonano come frasi costruite per lo spettacolo ma come confessioni vere, nate da una vita passata tra dolore e disciplina.
Giovanni De Carolis, campione di boxe dal volto segnato ma dallo sguardo sereno, ripercorre i giorni difficili e la sua rinascita, trovando nel pugilato non una via di fuga, ma un modo per conoscersi davvero.
Micol Di Segni, campionessa mondiale, simbolo della forza femminile nelle Mixed Martial Arts, mostra come la determinazione possa convivere con la sensibilità, raccontando il suo cammino tra allenamenti estremi e consapevolezza interiore.
Carlo Pedersoli, nipote di Bud Spencer, regala il ritratto di un atleta che ha scelto la strada più dura, quella della lotta vera, dove ogni colpo insegna qualcosa.
Mattia Faraoni invece, con la sua storia di kickboxer e campione, rappresenta la resistenza di chi non smette di credere nella bellezza della fatica e nell’eleganza del sacrificio.
Santoleri costruisce un racconto asciutto, privo di artifici. La regia lascia spazio ai silenzi, agli sguardi, ai respiri affannati dopo l’allenamento. Non c’è spettacolarizzazione, ma un ritmo che accompagna l’emozione e fa emergere l’essenza di ciascun protagonista. È un viaggio dentro l’anima dello sport, lontano dall’idea di violenza, più vicino al senso profondo di una ricerca personale.
Ogni puntata si apre come un diario, con capitoli che svelano un percorso interiore. Ci sono le vittorie che fanno gioire, ma anche i giorni in cui tutto sembra crollare. L’obiettivo non è costruire un mito, ma ricordare che dietro ogni atleta c’è un essere umano che lotta con se stesso. È questa la forza di Fighters: rendere epico ciò che di solito resta invisibile.
La serie ha la delicatezza di un ritratto e la potenza di un racconto collettivo. Ogni testimonianza si intreccia all’altra, fino a creare un mosaico di esperienze che parla di grinta, attesa e di rinascita. Lo spettatore non resta spettatore, ma partecipa emotivamente, ritrovando in quei racconti un riflesso delle proprie sfide quotidiane.
Fighters non cerca l’applauso facile, ma la verità. In un tempo in cui i social riducono tutto a immagine, questa produzione riporta la parola al centro. È un atto di sincerità, un ritorno all’essenza dello sport come forma di vita e di pensiero. Guardandola, si comprende che la vittoria più grande non è mai quella sul ring, ma quella contro la paura di mostrarsi per ciò che si è davvero.
