Cinquant’anni senza Pier Paolo Pasolini. Il giorno è arrivato. Il 2 novembre del 1975, il poeta fu ucciso all’Idroscalo di Ostia da Pino Pelosi, proprio uno di quei “ragazzi di vita” raccontati in tanta letteratura dall’autore nato a Bologna, cresciuto in Friuli prima di diventare con molti versi e molte storie irresistibilmente romano. Romano con tanta periferia dentro, romano con gli occhi per guardare fuori da quello che oggi viene definito mainstream.
Ci sono tanti modi per ricordarlo. Io ne scelgo uno: leggere due libri. Uno è suo: “Una vita violenta”, uno dei suoi romanzi bistrattati, marginalizzati, dimenticati. La tenerezza tragica di Tommaso Puzzilli, l’ultima struggente scena. L’altro non è suo. Perché Pasolini deve rappresentare anche la voglia di capirli questi luoghi non luoghi ignorati dalla narrazione dominante, ridotti spesso a retorica o a luogo comune.
E allora in libreria c’è da qualche tempo “Storia di una brava ragazza”. L’ha scritto Arianna Farinelli, una donna nata e cresciuta in una di quelle periferie post pasoliniane: la Prenestina è la stessa ma bisogna andare più in là, verso il Raccordo Anulare. E seguire appunto questa ragazza in bilico fra degrado e speranza, amicizie e distanze, amori veri e falsi, fino all’America. Io l’ho letto quest’estate, tutto di un fiato. Questo giovedì, 6 novembre. Arianna sarà a presentarlo alla Libreria “Le Torri”, alle 18, in un’altra periferia, a Tor Bella Monaca. E forse parlerà pure di Pasolini.
