#Lettere del Direttore

La tragedia di Marco Bruto al Teatro Massimo

​​L​a poltrona del teatro​ è molto​ comoda​ ​eppure​ non ne colgo appieno la sua buona fattura,​ mi sento teso, sono tutto concentrato sul tormento interiore di Marco Bruto che ​sta tramando di uccidere Giulio Cesare per amore della Repubblica. Quanto strazio nel suo cuore, so che è una finzione teatrale ma gli attori sono proprio bravi e mi trascinano, mi fanno vivere ​i​ suoi pensieri​, i suoi dubbi, le sue contraddizioni.​ ​ Entro nel suo dolore e come d’incanto​, ripenso alle vicende di Facebook, ​al​la nostra l​ibertà tradita subdolamente da mani invisibili, ​oscure e falsamente benevoli.
E mi torna in mente una frase, letta proprio su ​F​ace​book che dice: ​”​Gli schiavi moderni non hanno più bisogno di essere frustati dal padrone per fare ciò che vuole, nell’era del consumismo e materialismo più sfrenato, il bestiame va di sua volontà dentro il recinto ad arricchirlo​”​.​ ​
Bruto, Bruto, grazie per il tuo nobile animo e grazie agli attori che hanno portato lo spettacolo anche nello scenario di Villa Sabucchi, una bellissima palazzina liberty, distrutta dalla guerra, le cui rovine danno ancora la loro ineffabile suggestione.