L’attaccante biancoceleste è a secco da cinque giornate… e si sente
Mi manca Immobile. Cinque partite senza gol, mi manca davvero. Solo di altri due campioni della Lazio ho detto così, nel tempo, quando davano spettacolo. Il primo, Giorgione Chinaglia, perché eravamo diventati amici e quando andò a giocare in America, al Cosmos, dopo poco tempo lo raggiunsi per tornare a vedere le sue esibizioni che mettevano allegria. Il secondo, Vincenzino D’Amico, scappò troppo presto dai campi ma ci ritrovammo insieme in tivù e l’allegria fu totale. Ogni volta che apriva bocca era un gol: una fabbrica di battute che qualche volta nascondevano la sua perspicacia, la sua naturale competenza. Ogni tanto lo sento, varrebbe la pena farsi una trasmissione solo per noi. Per divertirci ancora insieme. Mi manca Immobile perché è un ragazzo d’oro. Un goleador modesto, nel senso buono. Difficile trovare uno così che ha passato mezza vita da calciatore ripudiato dagli incompetenti di grandi club fino a quando il Pescara l’ha fatto incontrare con Zeman. Con Lorenzo Insigne. Poi con Marco Verratti. Il Delfino era diventato uno squalo che divorava gli avversari. (Non ho mai amato tatticamente Zeman, salvo quella volta che l’avrei voluto alla guida del “mio” Bologna perché i tifosi rossoblù sono abbastanza…qualunquisti per capirlo). Il Napoli che non l’ha visto a Sorrento, la Juve che non l’ha capito, il Toro che l’ha respinto due volte. Brava la Lazio, bravi Lotito, Tare e Simone Inzaghi che ne hanno fatto crescere fino a farsi bandiera. E lui, ripeto, che non ha mai fatto il divo e non lo farà neanche quando riceverà in Campidoglio la Scarpa d’Oro che in oltre mezzo secolo hanno indossato solo altri due italiani, Luca Toni e Francesco Totti ( cosa da romani, direi, se mi concedete di dare il titolo a Luca, uomo dei miei monti, cresciuto malia Lodigiani). Complimenti, Ciro, come quel giorno in cui con Sergio Zavoli, romanista a oltranza, ti consegnammo a Chieti il “Premio Peppino Prisco”. E una raccomandazione a chi gli sta intorno: lasciate perdere il confronto con Piola. Di solito queste sfide alla lontana non spingono, frenano. Poi Piola…Posso dire che l’ho conosciuto. Un giorno, a Coverciano, un secolo fa. Era con Peppin Meazza, tutt’e due imbrillantinati. Ma questa é un’altra storia…
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