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IX – Rione Pigna, scrigno del Pantheon e della storia di Roma

Vivace, affascinante e ricolmo di bellezze architettoniche, artistiche e spirituali, il rione Pigna è uno dei gioielli del centro storico di Roma. Qui si custodisce una delle meraviglie assolute dell’antichità romana, il Pantheon, che lo scrittore francese Stendhal definì “il più bel resto dell’antichità romana. Un tempio che ha così poco sofferto che ci appare come dovettero vederlo alla loro epoca i Romani”, nelle sue celebri Passeggiate romane. Ed è proprio questo monumento, con la sua cupola che ancora oggi stupisce per perfezione e imponenza, ad attrarre ogni giorno migliaia di visitatori, romani e turisti, che si fermano nella suggestiva piazza antistante per ammirarlo, magari seduti ai tavolini di uno dei caffè storici che lo circondano.

Il Pantheon non è solo un prodigio di ingegneria antica, ma anche un mausoleo delle glorie italiane: custodisce, infatti, la tomba di Raffaello Sanzio, che riposa qui dal 1520, affiancato da altre grandi personalità come il pittore Annibale Carracci, l’architetto Baldassarre Peruzzi, il musicista Arcangelo Corelli e, in epoca più recente, i primi due sovrani del Regno d’Italia, Vittorio Emanuele II e il figlio Umberto I. Tra Settecento e Ottocento, molti artisti vollero essere idealmente vicini a Raffaello, tanto da far collocare accanto alla sua tomba i propri busti marmorei: una scelta che suscitò grande scandalo e che portò papa Leone XII, nel 1834, a ordinare la loro rimozione. Quei busti furono poi trasferiti e sistemati presso Palazzo Senatorio in Campidoglio, nella nuova Sala della Protomoteca, appositamente istituita per accoglierli.

Ma il rione Pigna non si esaurisce nel Pantheon: i suoi confini, che si estendono tra via del Seminario, piazza Sant’Ignazio, via del Corso, piazza Venezia, via delle Botteghe Oscure, fino a piazza della Rotonda, racchiudono un patrimonio culturale inestimabile. Fra i palazzi storici, spicca Palazzo Bonaparte, celebre per aver ospitato Maria Letizia Ramolino, madre di Napoleone Bonaparte, fino alla sua morte nel 1836. Di straordinaria importanza è anche Palazzo Doria-Pamphilj, scrigno della preziosa Galleria Doria Pamphilj, che conserva capolavori di artisti del calibro di Raffaello, Tiziano, Domenichino, Parmigianino e Caravaggio.

Da non dimenticare Palazzo Venezia, oggi sede del Museo Nazionale omonimo, e Palazzo di San Macuto, costruito nel Cinquecento sui resti di due templi antichi: quello dedicato a Minerva e quello a Iside, testimonianza della stratificazione religiosa e culturale di Roma.

Il rione è anche una fucina di meraviglie spirituali e artistiche. La Chiesa del Gesù, progettata da Jacopo Barozzi da Vignola con interventi di Giacomo della Porta e Michelangelo, è una delle chiese più significative del tardo Rinascimento e prototipo delle chiese gesuite in tutto il mondo. A piazza della Minerva si trova il celebre “Pulcino della Minerva”, curioso obelisco egizio sorretto da un piccolo elefante, opera controversa e affascinante del genio di Gian Lorenzo Bernini.

Tra i luoghi più sorprendenti vi è la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio, dedicata al fondatore della Compagnia di Gesù. Oltre al valore spirituale e architettonico, la chiesa è celebre per due illusioni ottiche spettacolari ideate da Andrea Pozzo. La prima, La Gloria di Sant’Ignazio, è un affresco prospettico sulla volta centrale che dà l’impressione di uno spazio sconfinato, quasi una seconda chiesa tridimensionale che si apre verso il cielo. La seconda illusione è forse ancora più sorprendente: sull’altare maggiore, osservando da un punto preciso del pavimento, si ha l’impressione di vedere una cupola svettante, quando in realtà si tratta di un soffitto piatto, dipinto con la tecnica del trompe-l’œil su una tela di 13 metri.

Il simbolo del rione, come suggerisce il nome stesso, è una pigna d’oro in campo rosso. Si tratta di un richiamo alla grande scultura bronzea a forma di pigna, ritrovata in questa zona e oggi conservata nel Cortile della Pigna nei Musei Vaticani. Questa iconica figura è addirittura citata da Dante Alighieri nel XXXI canto dell’Inferno, quando paragona il volto del gigante Nembrot alla pigna di San Pietro: “La faccia sua mi parea lunga e grossa / come la pina di San Pietro a Roma”.

Pigna continua ad essere oggi, come ieri, uno dei rioni più amati e ricchi della Capitale.