Un noir psicologico e visionario con Alessandro Haber e Andrea Roncato, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2025
Alla Festa del Cinema di Roma 2025, nella sezione Special Screenings, arriva Il principe della follia di Dario D’Ambrosi, regista e attore di teatro conosciuto per la sua ricerca radicale sul rapporto tra arte, disagio mentale e società. Con questo film, D’Ambrosi porta sul grande schermo la sua poetica più profonda, in un’opera che mescola noir, allegoria sociale e introspezione psicologica, costruendo un racconto che scivola tra realtà e incubo. Come in un sogno lucido, lo spettatore si ritrova intrappolato insieme al protagonista in un labirinto urbano dove ogni gesto quotidiano diventa preludio alla follia. Il regista, da sempre attento ai temi dell’emarginazione e della diversità, firma un film che è insieme denuncia e confessione, realismo e visione.
La trama segue Francesco, tassista notturno interpretato da Stefano Zazzera, uomo stanco, disilluso, che trascina la propria vita tra corse anonime e un silenzio sempre più opprimente. Durante una pausa in un bar, la sua routine si incrina: sul televisore, una televendita surreale cattura la sua attenzione. Un presentatore eccentrico offre al pubblico la propria famiglia: una ex ballerina dell’Opera, un clown malinconico e una giovane donna, Vanessa, che sembra chiedere aiuto con lo sguardo. Da quel momento, la curiosità di Francesco diventa ossessione. Rintraccia l’appartamento da cui va in onda quella trasmissione e si immerge in una spirale di eventi oscuri, dove la realtà perde contorni, confondendosi con il delirio. D’Ambrosi costruisce così un racconto inquietante, denso di simboli, in cui la follia non è malattia, ma condizione universale dell’essere contemporaneo.
Il cast, autentico punto di forza del film, riunisce alcuni dei più intensi interpreti del cinema italiano. Alessandro Haber, in una delle sue prove più magnetiche, incarna con profondità un personaggio ambiguo e tormentato, mentre Andrea Roncato, lontano dai ruoli brillanti che lo hanno reso celebre, offre una performance sorprendente, segnata da malinconia e disincanto. Accanto a loro, Carla Chiarelli, Mauro Cardinali e Omar Monnoi completano un ensemble di grande potenza espressiva. Ogni figura sembra parte di un microcosmo deformato, dove la comicità e il terrore convivono, evocando atmosfere che richiamano il teatro dell’assurdo e il cinema visionario di Lynch e Ferreri. La fotografia, dominata da luci notturne e ombre taglienti, amplifica il senso di smarrimento e isolamento.
Il principe della follia si colloca nel solco del cinema esistenziale contemporaneo, interrogando la condizione dell’uomo moderno prigioniero dei propri fantasmi. La “televendita della famiglia” diventa una metafora spietata della mercificazione dei sentimenti e dell’intimità, una critica all’ossessione mediatica per l’apparire, dove persino la sofferenza viene spettacolarizzata.
D’Ambrosi trasforma Roma in una metropoli mentale, un luogo della perdita di senso, dove la solitudine si moltiplica in mille schermi e la pazzia diventa una risposta possibile. Il film è un atto di resistenza poetica: un invito a guardare l’abisso e a riconoscere, nell’altro, il riflesso della propria fragilità.
