Tra social media, violenza e alienazione, un esordio tagliente che riflette sull’America digitale e sull’illusione della visibilità
È stato presentato oggi, 22 ottobre, nella sezione Progressive Cinema della Festa del Cinema di Roma 2025, Our Hero, Balthazar, sorprendente opera prima del regista e produttore Oscar Boyson, già noto come collaboratore dei Safdie Brothers per Diamanti grezzi e di Noah Baumbach per Frances Ha. Con questo film, Boyson firma un debutto maturo e spiazzante, capace di fondere la tensione del thriller psicologico con la critica sociale più urgente. Ambientato tra le luci artificiali di Manhattan e il silenzio bruciato del Texas, Our Hero, Balthazar indaga l’ossessione contemporanea per la visibilità, il narcisismo digitale e la perdita di empatia nell’era dei social.
Il protagonista Balthazar, interpretato da Jaeden Martell, è un giovane alla ricerca di attenzioni e di consenso. Per guadagnarsi visibilità e conquistare una ragazza, decide di cavalcare l’onda della denuncia della gun culture americana, esponendo le sue opinioni radicali in diretta streaming. Durante le sue crociate online incrocia però un troll, interpretato da Asa Butterfield, molto più pericoloso di quanto appaia: un ragazzo isolato, carico di rabbia, che sembra sul punto di commettere una strage in una scuola texana. Convinto di poterlo fermare, Balthazar intraprende un viaggio nell’America profonda, dove si scontra con una realtà distorta, in bilico tra la follia individuale e la disgregazione collettiva. Da quel momento il film abbandona la cronaca per addentrarsi in una zona d’ombra fatta di contraddizioni morali e scoperte inattese.
Accanto a Martell e Butterfield, il cast si completa con Chris Bauer, Jennifer Ehle, Anna Baryshnikov, Noah Centineo, Becky Ann Baker, Avan Jogia e Pippa Knowles, in una galleria di personaggi che incarnano diverse facce dell’America contemporanea. Dai grattacieli di New York ai trailer park della provincia, Boyson mette in scena una società frammentata, dove i giovani navigano tra il bisogno di affermazione e l’abisso della solitudine. La regia, nervosa e controllata, gioca con i linguaggi del web e con un montaggio serrato, restituendo l’ipnosi visiva dei feed social e la violenza silenziosa dell’isolamento digitale. Ogni inquadratura è costruita come un post virale che esplode, un frammento di verità che si autodistrugge nel momento in cui viene condiviso.
Our Hero, Balthazar è un film che parla direttamente alla crisi dell’identità nell’epoca dei social network. Boyson osserva con lucidità il modo in cui la visibilità sostituisce la verità e la connessione diventa una forma di alienazione. Il film esplora le derive della cultura dell’odio online, dove la violenza verbale si fa anticipazione di quella reale, e dove i confini tra eroe e carnefice si dissolvono. L’America che racconta è un luogo disorientato, in cui le armi non sono solo pistole, ma anche smartphone e dirette streaming, strumenti di potere e di autodistruzione. Eppure, tra sarcasmo e amarezza, Boyson non cede al cinismo: il suo sguardo rimane umano, compassionevole, come se credesse ancora nella possibilità di riscatto per chi sceglie di guardarsi allo specchio.
