Eloisa Coiro

L’atleta romana è pronta ad affrontare i campionati europei di Roma

Da chi cominciamo? Cominciamo da Eloisa, Eloisa Coiro, romana, forse la padrona di casa più vicina al palcoscenico dove si gareggerà visto che vive a Villa Borghese. L’Europeo di atletica è in pieno conto alla rovescia, l’appuntamento è in programma dal 7 al 12 giugno, l’Olimpico sta per cambiarsi d’abito, niente più calcio almeno per un po’, Roma si riempie finalmente di manifesti e spot per lanciare la manifestazione. Lei ancora non ha lo status dell’atleta di copertina e quindi ancora non c’è, l’augurio è che possa starci. Presto. Magari proprio grazie a un grande risultato su quegli 800 metri che sono il suo territorio di caccia, quello dove sta crescendo sempre di più.
 
Eloisa sprizza simpatia, il suo sorriso ci dice in continuazione che è contenta di stare lì, su questa pista, su questo giro da ripetere due volte. Ha la stoffa dell’atleta che passo dopo passo, mattoncino dopo mattoncino, vede migliorare i suoi primati, il suo ranking, e può liberare i suoi sogni. Ha 24 anni, gareggia per le Fiamme Azzurre dopo essere cresciuta nell’Atletica Acqua Acetosa, è figlia dello stadio Paolo Rosi, dove si è allenata dall’inizio con Emilio De Bonis, tuttora il suo tecnico, occupa mentre scriviamo il 25° posto nel ranking mondiale e il settimo in campo europeo. Un solido punto di partenza dopo la sua migliore stagione, quella del 2023, in cui è stata la migliore specialista azzurra.
 
Gli 800 sono un posto molto particolare dell’atletica. Una miscela di fine velocità e inizio di mezzofondo. Una gara dove conta moltissimo la tattica, la capacità di prendere il corridoio giusto, in una parola: la scia. Eloisa definisce questo contesto come una specie di “Formula 1” in cui, però, i sorpassi possono avvenire ripetutamente e in un tempo molto ridotto. In meno di due minuti ci si gioca tutto, in realtà pure meno, molto meno, perché c’è un momento della gara in cui si decide parecchio, una specie di scintilla che devi essere brava a prevedere. Un secondo prima o un secondo dopo e può cambiare il senso della giornata. Conta andare forte, ma anche saperlo fare nell’attimo giusto. Certo se sei Athing Mu, la campionessa olimpica statunitense con una famiglia venuta dal Sud Sudan che vinse in modo regale l’oro di Tokyo, magari hai meno problemi “tattici”. Ma occhio perché anche lei ha il suo da fare e perché fra chi la precede nel ranking c’è pure un’europea, la britannica Keely Hodgkinson. Però prima di Parigi, l’Olimpiade, c’è Roma, l’Europeo, e pensiamo a quello.
 
Eloisa è partita bene in questa stagione. Per ora ha un solo 800 nel curriculum: quinta nella prova di Diamond League di alto livello con un tempo appena sopra i due minuti, 2’00″34. Il suo record non è lontano: 1’59″61. Quando l’abbiamo incontrata, alla premiazione della Corsa di Miguel delle scuole al Palazzetto dello Sport, ci è venuto un mente che è passato quasi un secolo da quando i suoi 800 metri diventarono in un giorno la terra promessa e la repentina ritirata dell’atletica e dello sport femminile. Alle Olimpiadi di Amsterdam, 1928, le donne riuscirono finalmente a strappare il diritto a entrare nel programma delle prove in pista, ma l’arrivo stremato di molte concorrenti provocò un intervento della stampa inglese, in particolare del London Mail (per leggerne di più c’è il favoloso “Stare ai giochi” scritto da Mauro Valeri), che sostenne questa tesi: le donne che fanno questi sforzi moriranno prima. Oggi possiamo pure riderne, ma per smentire la spericolata e folle previsione (adesso ci sono 600mila donne al mondo che corrono la maratona almeno una volta all’anno, figuriamoci gli 800…), la gara dovette aspettare qualcosa come 32 anni: ritornò nel programma olimpico addirittura nel 1960.
 
Vabbè torniamo a Eloisa, dai. L’Olimpico la aspetta. Poi, vista la vicinanza, dopo la gara potrà pure prendere un autobus o la metro per tornare a casa…
 
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