Ci sono campionesse e campioni che sanno moltiplicare se stessi. Vincono medaglie, stabiliscono record, chiudono la carriera con un curriculum ottimo e abbondante. Ma non si fermano qui, scendono in mezzo alla gente, li hai visti in tv e quasi l’attimo dopo li ritrovi all’angolo di una strada, sanno che le cose si cambiano di più quando i riflettori sono spenti. Paola Pigni è stata ed è ancora tutto questo. Vero, se n’è andata più di quattro anni fa in una brutta mattina di giugno sentendosi male nel corso di un’iniziativa per il benessere nello sport nella tenuta presidenziale di Castel Porziano. Ma i suoi pensieri, la sua vita, viene da dire il suo corpo continuano a stare fra di noi. Perché quella foto, quella falcata bella, armonica, orgogliosa, resta un’indicazione, una strada da prendere. Paola ha detto con le sue corse all’Italia che correre è libertà, e liberarsi, comunicare con le altre e con gli altri. Lo ha fatto con i suoi risultati, certo, un bronzo olimpico sui 1500 metri a Monaco 1972, due titoli mondiali di corsa campestre, una collezione infinita di primati. Ma anche con mille allenamenti in cui si portava dietro tante non campionesse e tanti non campioni, trattati come fossero invece tali.
Correva, Paola. Su tante piste. In un’Italia in cui la donna che lo faceva era trattata con un sarcasmo del tipo “ma guarda un po’ questa”. Correva, Paola. Per esempio allo stadio della Farnesina, a Roma. a pochi passi dall’Olimpico. Uno stadio sempre in cerca di ristrutturazione ma comunque riempito sempre da un brulicare di giovani. Poche ore fa ci sono passato ed è stato diverso da solito. Perché avevo appena letto dell’iniziativa presa da Chiara Cacchi, la figlia di Paola, l’idea di intitolare quello stadio alla mamma, atleta di tante atletiche, nata sui 200 metri e poi capace di allungare fino alla maratona, corsa proprio a Roma sotto il temporale in una San Silvestro di tanti anni fa, una scoperta dell’America per l’Italia della corsa al femminile, un dire “guardate si può fare” a un mondo che riteneva quello sforzo una roba da marziane. Per tutto questo ho firmato la petizione per intitolarle lo stadio e chiedere a Sport e Salute (padrona di casa dell’impianto), Ministero dello Sport, CONI e Fidal di operarsi per farlo. Abbiamo bisogno delle sue corse, di raccontare che cosa ci ha trasmesso. Lo stadio Paola Pigni ci può aiutare a farlo.
Questo il link per firmare
- Nel Gran Prix Italia organizzato dallo S.C. Livata, prestigioso terzo posto per Lavinia Sambuco
- Presentata alla “Nuvola” la settima edizione del Premio Invictus
- Sì, intitoliamo la Farnesina a Paola Pigni, la donna che fece correre l’Italia
- “Tutti in campo” 40 open day per avvicinare le persone disabili allo sport
- “EVOLUTION” – Il Circo del Futuro” . Arriva per la prima volta in Italia!
