#Rubriche #La voce di Andrea Maccari

L’arcobaleno all’orizzonte

Anche laddove non si scorge alcuna linea all’orizzonte, una proposta concreta può regalare un arcobaleno inaspettato: il Ministero della Pace! Dialogo con Carlo Cefaloni.

“Voi siete il segno che un mondo diverso è possibile: un mondo di fraternità e amicizia, dove i conflitti non si risolvono con le armi ma con il dialogo”, ha sottolineato Papa Leone XIV ai ragazzi che hanno partecipato alla messa a Tor Vergata, oltre un milione. Ribadendo, dunque, che la pace è possibile, basta volerla davvero,

“Il conflitto esiste in natura. È parte integrante delle dinamiche fisiche, chimiche e biologiche che regolano il mondo. Le forze si incontrano e si scontrano, generando quell’energia che dà forma e movimento alla vita. Anche l’esistenza umana, fin dalla sua dimensione più fisica, è attraversata da conflitti e vive attraverso di essi: dentro di noi, nei rapporti interpersonali, nelle società. Da questa infinita gamma di incontri e scontri, di attriti minimi o consistenti, nascono le relazioni, legami, costruzioni condivise, habitat dove si genera e rigenera la fiducia, fondamento per ogni possibilità di convivenza. Queste costruzioni, le ritroviamo a ogni livello: dalla vita psichica a quella sociale, e da lì a quella culturale, economica e politica. Tuttavia, ciò che distingue radicalmente l’essere umano dal resto della natura è l’emergere di una risposta inedita al conflitto: il dialogo. Se il conflitto è un dato naturale, il dialogo è un processo culturale”. Con queste parole Franco Vaccari ha aperto il suo editoriale su Avvenire del 4 luglio 2025. Parole che introducono magistralmente il tema dell’istituzione del Ministero della Pace, di cui ne abbiamo decritto le prerogative la settimana scorsa (Ministero della Pace: dal caos globale alla speranza di un futuro senza guerra – Roma Sport Spettacolo) e che ora ne parliamo con Carlo Cefaloni, redattore di «Città Nuova» e coordinatore del gruppo di lavoro “Economia Disarmata” promosso dal Movimento dei Focolari in Italia, tra le associazioni e i movimenti promotori proprio del Ministero della Pace (Le radici culturali del riarmo, dialogo con Stefano Zamagni – Città Nuova).

In un momento storico come quello attuale, in cui si va affermando l’esaltazione della forza naturale a discapito di quella culturale, non appare fuori luogo proporre l’istituzione del Ministero della Pace?

 L’iniziativa del ministero della pace nasce dalla visione profetica di don Oreste Benzi, fondatore della comunità Papa Giovanni XXIII che esprime un serio impegno per la pace come dimostra l’esperienza Operazione Colomba che li vede presenti concretamente nei luoghi di conflitto a sostegno delle forme di resistenza nonviolenta e delle vittime della guerra. Gli altri movimenti e associazioni hanno aderito evidentemente sul presupposto di concezione antropologica non pessimistica dell’essere umano e quindi come soggetto capace di cambiare il corso della storia con scelte personali e collettive nel segno della costruzione della pace. La tentazione evidente in questi casi è quella di restare confinati nella dimensione profetica, intesa come aspirazione reale staccata dalla storia reale. Giorgio La Pira ha dimostrato politicamente che la pace è l’espressione dell’unico realismo capace di impedire la corsa dell’umanità verso l’autodistruzione. Per questo nel nostro atto di adesione alla campagna abbiamo detto che tale istituzione non può essere accessoria e senza portafoglio e cominciare a realizzarsi con  scelte strutturali economico produttive alternative alla logica del riarmo che vede il nostro Paese coinvolto da oltre 30 anni con la dismissione di settori civili della produzione a favore della filiera bellica attuata da Finmeccanica ora Leonardo, società controllata dallo Stato secondo direttive condivise trasversalmente dai maggiori partiti politici. “Se non si incide sulle leve economico e finanziarie” come diceva La Pira  “non ci resta altro che la magra potestà delle prediche”. Invito perciò ad andare al sodo della questione senza troppi svolazzamenti retorici.

Sembra un progetto molto ambizioso, che parte con una struttura ben architettata (v. link). Non potrebbe essere più agevole iniziare con qualcosa di più snello, magari un Dipartimento all’interno di un dicastero già esistente?

Da quello che ho capito vuole essere giustamente un dicastero non marginale ma in grado di informare e orientare tutta l’attività di governo, dalla politica estera a quella economica. Sarebbe una cosa ben triste usare il nome del ministero della pace per indicare un settore che si occupa di difesa civile non armata accanto al ministero della Difesa intento ad aumentare la spesa secondo i piani di rearm Europee e un ministero dell’Industria che sovrintende ad una trasformazione complessiva dell’economia di guerra come chiesto dagli attuali vertici europei. Occorre stare attenti a non concorrere a costruire uno specchietto per le allodole con uno spreco della parola pace affidata magari come delega a qualche esponente di provenienza cattolica. una deriva da ministero della pace di natura orwelliana.

La proposta dovrebbe essere mediata dalla politica. Ma c’è qualche interlocutore sensibile a questa istanza?

Esistono ma sono minoranza e poco organizzati tra di loro. Penso ad esempio a Marco Tarquinio intorno al quale si potrebbe costruire qualcosa di serio. Esiste una contraddizione tra i sondaggi che attestano una maggioranza contraria alla guerra e al riarmo e il voto delle urne che premia i partiti favorevoli a Rearm Eu, almeno di quelli che vanno a votare. Anche l’Italia che obbedì alla chiamata alle armi per il mattatoio della grande guerra era in maggioranza neutralista, anche in parlamento, ma bastò la propaganda interventista sostenuta dalla stampa e dal re sabaudo per trascinare il Paese un una guerra che oggi si tende a far passare come momento decisivo di unità del Paese costruito nel fango e sangue delle trincee. 

Come si pensa di portare avanti questa campagna e informare a livello capillare i cittadini dell’esistenza di questo progetto?

La Campagna viene portata avanti con grande determinazione dalla Comunità Papa Giovanni XXIII con la passione e generosità di Laila Simoncelli. Esistono adesioni capillari nei territori da ambienti istituzionali di ogni livello. La difesa della legge 188/90 sulla produzione e commercio di armi dalle lobby che la vogliono svuotare di contenuto e l’iniziativa per l’adesione dell’Italia al trattato Onu di abolizione delle armi nucleari sono banchi di prova concreti. Credo che il ministero della pace si conquisti con azioni concrete come quella dei portuali del Calp di Genova, che stanno bloccando i carichi di armi diretti nei Paesi in guerra, e percorsi come Warfree, la rete di  imprese che rifiuta di far parte della filiera bellica a partire dalla Sardegna dove si è impiantata una controllata della Rheinmetall, il colosso tedesco al centro del piano di riarmo della Germania che destabilizza ogni piano di difesa comune a livello europeo. Warfree è mata dal comitato riconversione che chiede un’altra economia per quell’isola e non solo. Senza soggiacere al ricatto occupazionale. Un ministero della pace può muovere i suoi passi a partire dalla capacità di dirottare i soldi del Pnrr dalle armi ad azioni urgenti per il territorio come le bonifiche e la conversione ecologica integrale.  

Ringraziando Carlo Cefaloni, concludo con una considerazione ripresa sempre dall’editoriale di Franco Vaccari con cui ho iniziato: “Forse, una riflessione collettiva ci aiuterebbe a riconoscere le occasioni in cui abbiamo ridotto il dialogo a pura forma, ignorando o rimuovendo le tensioni sottostanti. Eppure, per la sopravvivenza stessa della famiglia umana su questo pianeta, ridare forza al dialogo – a tutti i livelli: interpersonale, sociale, internazionale – è oggi ineludibile. E possiamo agire”. E il progetto del Ministero della Pace è davvero un’ottima azione!

“Ti prego ancora tieni duro, Ho bisogno di te. Per prendere al collo il futuro, Per prenderci tutto, Per me, per te.”